Garavaglia: «Parte consistente dell’aumento del Fondo sarà utilizzata per l’aumento in busta paga». Ma per alcune sigle sindacali, convocazione dell’Aran e aumento delle risorse non sono sufficienti per revocare lo sciopero del prossimo 23 febbraio
La Conferenza straordinaria delle Regioni ha approvato il riparto del Fondo Sanitario 2018. L’ammontare del Fondo, come annunciato dal Presidente Stefano Bonaccini, è superiore a quello del 2017 di quasi 1 miliardo di euro: quest’anno infatti sarà pari a 110 miliardi e 131.490mila euro, rispetto ai 109 miliardi e 225.713 del 2017.
«Le Regioni – ha dichiarato Massimo Garavaglia, Presidente del comitato di settore Regioni-Sanità – sul tema delle risorse hanno fatto l’ennesimo sforzo. Le risorse aggiuntive dunque sono state trovate all’interno del Fondo sanitario nazionale. Per quanto riguarda il 2019, poi, una parte consistente dell’aumento del Fondo stesso, che crescerà di un miliardo di euro, sarà utilizzato proprio per l’aumento in busta paga. Quest’ultimo vale mediamente 85 euro lordi al mese, come nel resto degli altri comparti della Pubblica amministrazione».
Ha espresso «grande soddisfazione» il Presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, «sia politica che amministrativa, perché non era banale né scontato. Approvare adesso il riparto significa poter fare programmazione e avere certezza sulle risorse assegnate per ogni singola regione. Abbiamo trovato un equilibrio che permette di redistribuire le risorse con alcuni correttivi per le Regioni che hanno bisogno di un riequilibrio».
L’aumento del Fondo e la convocazione dell’Aran giunta nei giorni scorsi per discutere del rinnovo del contratto della dirigenza, potrebbero tuttavia non bastare ai sindacati per revocare lo sciopero indetto per il prossimo 23 febbraio. Sono diverse, infatti, le posizioni emerse a tal proposito nella riunione dell’Intersindacale medica di oggi. Alcuni sindacati pensano che sedersi al tavolo con l’incombere di uno sciopero non sia una posizione costruttiva; altri, come Aaroi-Emac, pensano invece che al momento non ci siano le condizioni per revocare lo sciopero, uno strumento che comunque è servito a spingere il governo a riaprire le trattative. La posizione che al momento sembra prevalere è la conferma della giornata di protesta, salvo novità dall’incontro del 20 febbraio. La partita resta aperta.
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