Lavoro e Professioni 22 Novembre 2018 16:27

Contratto medici, CIMO chiede alla Corte dei Conti indagine su dieci regioni. Quici: «Serve trasparenza, dove sono finiti i soldi?»

Il sindacato chiede di attivare un controllo sulla contabilità delle amministrazioni regionali per verificare se e quanto abbiano accantonato per il rinnovo del contratto della dirigenza medica per il periodo 2016-2018. In caso di ammanchi c’è la possibilità che si configuri “danno erariale”

Contratto medici, CIMO chiede alla Corte dei Conti indagine su dieci regioni. Quici: «Serve trasparenza, dove sono finiti i soldi?»

Sul mancato rinnovo del contratto dei medici il sindacato CIMO guidato da Guido Quici ha le idee chiare sulle responsabilità: bisogna guardare alle regioni. E oggi ha CIMO ha formalmente chiesto una indagine sui bilanci di dieci regioni inviando alle rispettive Procure generali della Corte dei Conti una segnalazione al fine di attivare un controllo sulla contabilità delle amministrazioni regionali per verificare se e quanto abbiano accantonato per il rinnovo del contratto della dirigenza medica per il periodo 2016-2018, come previsto dalle disposizioni di legge.

Con questo atto CIMO ha dato seguito alla diffida inoltrata alle Regioni lo scorso 16 ottobre, nella quale aveva chiesto di rendere noti i fondi effettivamente accantonati nel periodo 2016-2018 per il rinnovo del contratto dei medici, fermo ormai da 9 anni. La trattativa all’ARAN negli scorsi mesi si è infatti più volte arenata sul nodo delle risorse, sulle quali né Governo né Regioni hanno dato alcuna certezza, mancando di fornire informazioni anche sugli accantonamenti pregressi. Sul contratto oggi si registra una piccola apertura da parte del viceministro all’Economia Massimo Garavaglia che ha parlato di «spiraglio positivo a breve».

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La richiesta di CIMO riaccende lo scontro alla vigilia dello sciopero dei medici: i camici bianchi incroceranno le braccia il 23 novembre. Alla diffida di CIMO, su 19 regioni (escluso il Trentino, regolato da altre disposizioni) hanno dato riscontro Umbria, Puglia, Abruzzo, Liguria, Friuli VG, Lombardia, Basilicata, Valle d’Aosta e Veneto, e gran parte di esse ha trasmesso, entro o oltre i termini di scadenza, dati incompleti o con insufficienti accantonamenti sul 2018. Per le restanti dieci Regioni che non hanno risposto alla richiesta CIMO, è stata inviata la segnalazione alle Procure Regionali della Corte dei Conti.

In caso la Corte dei Conti ravvisi incongruenze e carenze rispetto alle somme da accantonarsi, come CIMO da tempo denuncia, il sindacato dei medici ha chiesto anche di verificare se tali somme siano state destinate ad altre finalità e se, oltre alla lesione delle disposizioni di legge e dei diritti dei medici, il fatto non possa costituire danno erariale per il quale diventi necessario individuare precise responsabilità dando corso alle opportune iniziative giudiziali.

«Il rimpallo di responsabilità tra Regioni e Governo sui fondi per il contratto dei medici ha raggiunto il limite della decenza, laddove chiediamo semplicemente il dovuto e un po’ di trasparenza», commenta Guido Quici, Presidente Nazionale CIMOche aggiunge: «Le Regioni hanno chiesto un altro miliardo per consentire la chiusura del contratto, mentre il Governo ha ricordato che i fondi per il contratto erano già compresi nei trasferimenti alle Regioni assegnati dalla Finanziaria dello scorso anno. Dove sono dunque finiti gli accantonamenti? Questo è il motivo per il quale siamo stati costretti a ricorrere alla Corte dei Conti per far luce su qualcosa di poco chiaro. I medici hanno diritto a risposte certe e all’equità di trattamento, ma Governo e Regioni sembrano giocare a morra sulla pelle dei professionisti della sanità e dei pazienti».

«Gli accantonamenti nel bilancio per la copertura degli oneri derivanti dal rinnovo dei contratti collettivi nazionali per il personale del SSN nei rispettivi territori regionali, con specifiche indicazioni di monitoraggio trimestrale – si legge nella nota CIMO – sono stabiliti dall’art. 9 del dl 30.9.05 n.203, convertito in Legge 2.12.05 n.248, obbligo che viene ribadito per gli enti del SSN dall’art. 2, co.17, della Legge 23.12.09 n.191».

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