«La denuncia alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e la class action, a cui i medici potranno aderire da aprile, sono atti dovuti nei confronti dei colleghi, che attendono il rinnovo contrattuale da 10 anni». Intervista al presidente della CIMO Guido Quici, che sullo spot sui ricorsi per errore medico aggiunge: «Se le strutture affogano nei contenziosi legali, ridurranno i servizi ai cittadini»
Il 2019 della CIMO è iniziato con una frizzante raffica di iniziative. Il primo protocollo dell’anno, datato 2 gennaio, è una denuncia alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, accompagnata da una class action contro Regioni e Aran a cui i medici potranno aderire da aprile. Ad accomunare le due azioni, il mancato rinnovo del contratto della dirigenza medica e sanitaria, scaduto il 31 dicembre scorso, in violazione dell’accordo confederale del 30 novembre 2016 e della sentenza della corte costituzionale n. 178/15, che ha sancito l’illegittimità costituzionale del blocco strutturale della contrattazione collettiva del pubblico impiego. Azioni che rappresentano «un atto dovuto nei confronti dei colleghi, che attendono il rinnovo da 10 anni», come le definisce Guido Quici, presidente del sindacato.
Poi, la richiesta di chiudere subito il contratto 2016-2018, che è scaduto «solo dal punto di vista economico, con un incremento contrattuale del 3,48% a regime». «Adesso bisogna parlare del nuovo», evidenzia Quici. Un’istanza, la sua, che si lega a doppio filo con il coro di proteste e di indignazione di tutto il mondo sindacale della dirigenza contro l’ormai noto comma 687 della Legge di Bilancio. Il comma, cioè, che prevede la modifica del contratto collettivo quadro del 13 luglio 2016, e quindi un ulteriore allungamento dei tempi del rinnovo, contro il quale i sindacati hanno protestato di fronte al ministero della Pubblica Amministrazione, riuscendo ad ottenere la promessa di una sua modifica nel Dl Semplificazioni che dovrebbe farne scattare gli effetti dal contratto 2019-2021.
«Nella Legge di Bilancio è subentrata una manina gelida – commenta Quici ai nostri microfoni – ed è un problema abbastanza serio. È inammissibile, tra l’altro, che una Legge di Bilancio, che dovrebbe definire il budget di un Paese, preveda una serie di cose che non hanno nulla a che vedere con la finanza. È un andazzo che dura da sempre, ma tende ad aggravarsi sempre di più».
LEGGI ANCHE: CONTRATTO MEDICI, INTERSINDACALE: «IN LEGGE DI BILANCIO PIETRA TOMBALE SUL RINNOVO. SCIOPERI CONFERMATI»
Insomma, Guido Quici ha iniziato l’anno sul piede di guerra, dopo un 2018 conclusosi con la segnalazione alla Corte dei Conti delle Regioni che non avevano risposto sugli accantonamenti delle risorse per il rinnovo del contratto: «La verità – spiega il presidente della CIMO – è che siamo arrivati per ultimi. Prima è arrivato il comparto, che giustamente ha preso le risorse che gli spettavano; poi la convenzionata, che ha firmato il proprio contratto; alla fine, quando è arrivato il turno della dirigenza, le Regioni hanno esaurito le risorse, che avevano accantonato solo parzialmente, e noi siamo rimasti al palo».
La fine dell’anno è stata inoltre caratterizzata da un altro duro colpo per i medici: la trasmissione, anche sulla Rai, di uno spot pubblicitario che incitava i pazienti a fare ricorso in caso di errore medico. La categoria si è mobilitata in massa, raccogliendo in poche ore migliaia di firme per chiedere la sospensione della pubblicità (FIRMA LA PETIZIONE), poi arrivate fin sui banchi di parlamentari e istituzioni, riuscendo, per quanto riguarda Rai e Mediaset, nell’intento. «Si tratta di una campagna indegna – è la reazione di Quici -. Mi chiedo quanto sia stato investito per una campagna così aggressiva e costosa. Forse parliamo di un milione di euro. E se è stata affrontata una spesa di questo tipo, significa che si è immaginato un ritorno economico importante a spese dei medici e delle strutture sanitarie che, se erogano tante risorse in cause inammissibili, offriranno poi meno servizi ai cittadini. Saranno affogate dai contenziosi legali e inizieranno magari a lesinare sui farmaci, sulle tecnologie o sui ricoveri. E questo è del tutto inammissibile».
Nel frattempo, un’altra petizione on line sta ottenendo grandi numeri: quella che chiede la creazione di un tribunale della Salute in cui medici e pazienti possano confrontarsi, ponendo fine a queste campagne di odio: «Una cosa del genere è sicuramente fondamentale – commenta in conclusione Quici – perché il cittadino deve avere fiducia nel medico ed il medico deve avere fiducia nel cittadino. E questo è un rapporto che purtroppo si è nel tempo rovinato e che va senz’altro recuperato».