«Manca l’ossigeno, i dispositivi idonei. Non ci sono protocolli precisi. Abbiamo 118 medici contagiati su 600. Diffusione e decessi sono sottostimati: i malati a casa che purtroppo non ce la fanno sono fuori dalle statistiche»
Dalla mancata estensione della zona rossa all’attivazione delle unità speciali di continuità assistenziale, dalla carenza dei dispositivi di sicurezza per lavorare a contatto con i malati all’estremo e incombente bisogno di personale, fino ad arrivare alla necessità di fare più tamponi. Sono tante, troppe, le criticità che si trova ad affrontare la città di Bergamo che si è svegliata questa mattina con il solo rumore dei mezzi dell’esercito che hanno portato via le bare nelle altre regioni italiane. Una situazione «drammatica» per cui «non so più cosa consigliare». Descrive così, quello che sta accadendo, il presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo, Guido Marinoni nell’intervista a Sanità Informazione.
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Presidente, com’è la situazione a Bergamo?
«La situazione è drammatica, i reparti terapia intensiva sono arrivati alla saturazione. In questi giorni si sono attivati diversi soggetti per far partire nella zona della fiera di Bergamo l’ospedale da campo degli alpini che è equipaggiato per le emergenze. Il problema è però, reperire le risorse umane, i medici e gli infermieri. Fino ad adesso, le strutture di emergenza- urgenza hanno fatto fronte, ma sono arrivate al limite. Diversa è la situazione sul territorio, non si sono ancora attivate le unità speciali di continuità assistenziale per l’intervento sui malati Covid-19 e i medici di medicina generale lavorano senza protezioni individuali o con protezioni inadatte».
Dove mancano i dispositivi di protezione?
«Negli ospedali no, mancano nelle RSA, nelle case di riposo, per i medici di medicina generale, i pediatri, e per chi fa assistenza domiciliare integrata. Non arriva nulla, ieri sono arrivate in tutto altre otto mascherine chirurgiche per ogni medico. Ci rendiamo conto di quanto dura una mascherina chirurgica? Sono senza filtri e andrebbero cambiate spesso. Otto mascherine in aggiunta ad altre venticinque arrivate consegnate la settimana scorsa: il nulla. In più, c’è un altro problema: dovevano essere attivate le unità speciali per il trattamento sia a domicilio che in ambulatorio dei malati covid-19 sul territorio. Avrebbero consentito di concentrare i dispositivi di protezione su pochi medici – MMG, guardia medica, medici militari – e di fornire un’assistenza a questo tipo di malati. Questo non è avvenuto e non si sa quando avverrà. A causa delle carenze dei dispositivi di protezione per i medici di base e gli operatori sanitari sul territorio il sindacato Snami e Fimmg Lombardia hanno diffidato Regione Lombardia e ATS (Aziende territoriali della salute). I medici, infatti, lavorando privi dei DPI idonei sono stati gli involontari vettori del contagio. Questo è uno degli elementi che non è stato gestito e che ha contribuito a provocare la diffusione. Abbiamo 118 medici contagiati su 600 tra cui un decesso, mi hanno già telefonato in due o tre con la febbre a 39°».
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Ci sono stati molti contagiati anche in una casa di riposo
«L’ATS ha trascurato completamente il territorio. Nelle case di riposo ci sono state una serie di incertezze perché all’inizio hanno detto di lasciare aperti i centri per anziani: questo ha creato un focolaio di contagio. Non si possono chiudere gli asili e lasciare aperti gli “asili dei nonni”. E poi c’è metà del personale delle case di riposo tra infermieri e OSS in malattia. Alcune hanno un solo medico, ci sono medici di 70 anni che sono andati a dare una mano ma è una situazione di emergenza. L’assistenza domiciliare integrata che in Lombardia viene fatta da soggetti erogatori che per lo più sono cooperative di infermieri, sono rimasti anche loro senza protezione individuale quindi non sanno come gestire l’assistenza domiciliare».
Medici in pensione che sono arrivati ad aiutare?
«Si nelle case di riposo sì, il dottor Loda, ad esempio, medico 70enne è lì a lavorare e quella fascia d’età è tra le più a rischio. L’altra criticità riguarda i i pazienti con la polmonite che gli ospedali non ricoverano. Ci sono un sacco di pazienti mandati a casa con polmonite che hanno bisogno di un supporto di ossigeno. Finalmente l’ATS qualche giorno fa ha sbloccato la procedura burocratica per l’ossigeno liquido e quindi si può richiedere ma il problema che si fa fatica a trovarlo. C’è veramente mancanza di ossigeno. A mio avviso l’ATS avrebbe dovuto inviare dei protocolli precisi relativamente al trattamento di questi pazienti cosa che non è avvenuta. Naturalmente è una cosa nuova per tutti e tutti ci stiamo impegnando, però veramente sul territorio le indicazioni e le informazioni corrette non sono state date e questo buco ha creato dei problemi secondo me gravissimi».
A quando l’inserimento dei neolaureati?
«Il Decreto è in Gazzetta, l’ordine è chiuso perché alcuni nostri dipendenti sono stati male ma abbiamo provveduto ugualmente a inserire sul sito i moduli per l’iscrizione all’Ordine di Bergamo da compilare entro domenica 22 marzo e poi da lunedì procediamo».
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A chi vengono fatti i tamponi?
A Bergamo vengono fatti i tamponi solo ai ricoverati: non a chi ha la polmonite ed è a casa o a chi ha sintomi. C’è una grande sottostima dei malati e una piccola sottostima anche dei decessi. Le persone che purtroppo non ce la fanno a casa, sono fuori dalle statistiche».
Lei consiglia di estendere i tamponi a tutti i sintomatici?
«Nel resto d’Italia, Io consiglio di fare i tamponi a tutti i sintomatici, ai contatti diretti, a tutti i medici e agli operatori sanitari e di procedere in modo attento alle misure di isolamento. A Bergamo, non so più cosa consigliare oramai, il contagio è talmente esteso che queste misure che hanno un senso a livello profilattico lo stanno perdendo. A Bergamo, sicuramente bisognerebbe fare i tamponi a chi ha la polmonite e sta a casa e agli operatori sanitari che sono sul territorio senza protezioni».
Le restrizioni vengono rispettate dai cittadini?
«Inizialmente ci sono stati tanti problemi, bisognava allargare la zona rossa. Si tratta di pochi giorni per vedere i benefici delle misure restrittive, l’infezione sta ancora galoppando. Ad ogni modo, la gente ha capito: qui, per le strade, ci sono solo carri funebri e ambulanze».
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