«È un atto dovuto riconoscere l’osteopatia come professione sanitaria: sono milioni gli utenti che ne usufruiscono». Così ai nostri microfoni Paola Sciomachen, Presidente del Registro Osteopati d’Italia
Pollice all’insù della Camera per il Ddl Lorenzin e con tanto di articolo 7 (ex art. 4) che individua l’osteopatia come professione sanitaria e ne indica il percorso di riconoscimento per definire competenze e formazione. Certo, è solo il primo round e per avere la legge pienamente operativa bisognerà attendere il delicato passaggio in Senato. Una cosa è però certificata: dopo 30 anni di vuoto normativo la categoria vede ufficializzato il suo ruolo all’interno del Sistema Sanitario Nazionale e, a commentare questo risultato, abbiamo sentito Paola Sciomachen, la Presidente del Registro Osteopati d’Italia che conta tra i suoi soci circa 2750 Osteopati.
Che ne pensa del lungo percorso che ha affrontato il Ddl Lorenzin per arrivare all’approvazione di palazzo Montecitorio?
«Siamo molto soddisfatti del risultato, innegabile che sia stato un risultato sofferto ottenuto dopo un cammino che ha incontrato moltissime difficoltà. Devo sottolineare che la Commissione Salute del Senato e la sua Presidente De Biasi, hanno fatto un ottimo e difficile lavoro per inquadrare la materia . In un primo momento il testo si era arenato alla Camera, poi, grazie al decisivo intervento dell’On. Marazziti e della Commissioni Affari Sociali della Camera, l’articolo 7 è stato rivisto, più che altro sono state modificate le procedure alla base del riconoscimento delle professioni sanitari. Ma il contenuto è rimasto invariato: è stato decretato che l’osteopatia è una professione sanitaria e come tale verrà riconosciuta al termine dell’iter delineato dal Ddl. Il riconoscimento determinerà un inquadramento univoco e condiviso in tutta Italia delle competenze del professionista, e quindi anche del percorso formativo, a tutela e garanzia del paziente. Non vogliamo scontri, né pestare i piedi a nessuno, neanche, tantomeno essere riconosciuti senza le corrette procedure, ci siamo impegati affinchè fosse rispettato il principio che l’osteopatia è una professione sanitaria autonoma, come negli altri paesi europei, fino ad arrivare negli Stati Uniti dove la professione è nata ed è giustamente inquadrata a livello normativo».
Cosa pensa dell’alzata di scudi da parte di alcune frange del mondo sanitario rispetto al riconoscimento dell’osteopatia come professione? Come spiega preclusioni e pregiudizi nei confronti della categoria?
«Da una parte capisco che introdurre una nuova professione sanitaria possa creare un inevitabile riassestamento fra le varie professioni; però di fatto l’osteopatia c’è, viene consigliata dai medici stessi, è presente in molte strutture ospedaliere e viene scelta da milioni di italiani ogni giorno, quindi credo sia doveroso dare un riconoscimento e un assetto normativo ad una professione che ha evidenze scientifiche conclamate. Lavorare sulla ricerca in questi anni non è stato semplice: senza riconoscimento fare ricerca in Italia non è stato facile. Tuttavia la ricerca osteopatica è stata ed è attualmente incentivata in tutti i paesi, in Europa e negli Stati Uniti, dove è da tempo èriconosciuta, quindi era opportuno che anche in Italia si avviasse questo processo in linea con il resto del mondo».
In molti hanno sollevato perplessità riguardo i costi che queste nuove professioni potrebbero provocare su un SSN già in difficoltà, che ne pensa?
«Io ritengo che il costo oggi sia totalmente a carico del paziente. L’osteopatia non essendo riconosciuta come professione sanitaria viene esercitata privatamente, dunque i costi per l’utenza sono elevati. Credo che considerando il sistema sanitario nel suo complesso, in una gestione coerente e oculata, l’osteopatia non rappresenti un aggravio ma una risorsa. Con l’occasione vorrei fare riferimento a degli studi indicativi su questo: il miglioramento di salute del paziente (soprattutto del dolore cronico), migliora le performance della persona sul lavoro e nella vita.. All’interno di un sistema dove il concetto di salute è in evidenza, io credo che incentivando l’osteopatia ci possa essere un ritorno da parte di tutti gli attori: meno farmaci, meno assenze sul lavoro, meno assistenza, tutto questo è un valore aggiunto e non un costo aggiunto».
Quale auspica sia il percorso del Ddl in Senato?
«Essendoci stato un accordo politico, penso che il percorso in Senato sia sostanzialmente definito. Oramai non ci dovrebbero essere grossi problemi, la difficoltà più grande è quella del tempo: spero che il voto al Senato venga calendarizzato quanto prima e che ci sia il tempo per poterlo licenziare prima che cambi la situazione politica».