«La Legge ha ottenuto un ottimo riscontro anche in altri Paesi. C’è chi vuole trarre esempio dall’Italia e districare la questione». Così l’ex deputato al convengo in Cassazione
«La Legge 24 del 2017 prima di tutto ha garantito il successo di una grande operazione culturale». Ecco l’esordio del Responsabile Sanità del Pd, Federico Gelli, che intervenuto in occasione del seminario “Responsabilità giuridica e deontologica degli esercenti le professioni sanitarie tra nuovi obblighi e nuovi doveri” organizzato dell’Ordine degli Avvocati di Roma presso la Cassazione, a poco più di un anno dall’attuazione della Legge, ne traccia un bilancio.
«L’operazione culturale di cui si fregia la Legge 24 è quella di esser riuscita a fondere due mondi, quello sanitario e quello giuridico, sinora sostanzialmente divisi e a sé stanti» spiega il Relatore della norma che affronta e disciplina i temi della sicurezza delle cure e del rischio sanitario.
«La Legge ha ottenuto un ottimo riscontro anche in altri Paesi – prosegue Gelli -. Sono stato contattato dall’estero con la richiesta di portare un contributo sul tema della responsabilità professionale sanitaria anche in altri Paesi che vogliono trarre esempio dall’Italia e districare la questione complessa della responsabilità medica».
Alle critiche che sono state rivolte alla normativa, più volte accusata di incompletezza a causa di decreti attuativi ‘fantasma’, ambiguità interpretativa e lacune ermeneutiche e pratiche, l’ex deputato risponde: «Io credo che di fatto il vero e proprio cambiamento che la riforma ha portato è stata una maggiore chiarezza, un percorso più nitido e conclamato rispetto ad un passato fumoso e indefinito».