Lavoro e Professioni 21 Ottobre 2021 15:09

Distribuzione intermedia farmaceutica premiata dallo studio Censis: 90mila consegne al giorno anche in lockdown

L’85,8% degli italiani non ha mai dovuto rinunciare a un farmaco importante durante le fasi più difficili della pandemia. Ma le imprese chiedono meno differenze regionali per mantenere il servizio ad alto livello

Distribuzione intermedia farmaceutica premiata dallo studio Censis: 90mila consegne al giorno anche in lockdown

Diciassettemila occupati, 10 miliardi di fatturato annuo, 52 imprese tra società provate, cooperative di farmacisti e multinazionali e 90mila consegne giornaliere di farmaci e dispositivi medici. I numeri che snoccioliamo tracciano la storia di un settore troppo spesso rimasto in ombra ma fondamentale per l’andamento della sanità italiana: a distribuzione intermedia farmaceutica (DIF), che durante la pandemia ha fatto la differenza tra un Paese in affanno e uno in stato di resistenza.

I dati nero su bianco li elenca lo studio della Fondazione Censis “Il valore sociale della distribuzione intermedia farmaceutica”, con l’obbiettivo di rendere ancora più chiaro a opinione pubblica e dirigenti il valore di questo comparto. Un servizio che ha garantito le consegne nelle 19mila farmacie italiane in minimo 3 massimo 12 ore, secondo la normativa, anche nei luoghi più impervi. Una distribuzione fatta per conto di Regioni e Asl, che ha di fatto reso possibile gestire il lockdown e i mesi di “zona rossa” senza allarmare i pazienti cronici, che dipendono da un farmaco per la loro buona salute.

I risultati della DIF: 85,8% degli italiani non ha mai dovuto rinunciare a un farmaco importante

Dagli italiani questo valore è stato apprezzato e riconosciuto secondo i risultati dell’indagine, che mostrano un indice di gradimento molto alto per il funzionamento del servizio. Che da solo garantisce consegne di dimensioni diverse, con tecnologie sicure e tracciabilità di ogni farmaco trasportato. Nonché prima di quelle mascherine che sono state il “salvavita” di questi due anni e poi dei vaccini, che le imprese della DIF hanno trasportato in maniera rapida e capillare nelle farmacie aderenti. Da solo, chiarisce Censis, il settore permette un risparmio di circa 4 miliardi di costi aggiuntivi e con circa 8 milioni di cittadini che comprano farmaci sul web, l’intermediazione della DIF sui prodotti venduti online dalle farmacie riduce sensibilmente i rischi di acquistare prodotti non sicuri.

Durante la pandemia l’85,8% degli italiani non ha mai rinunciato ad un farmaco importante o di cui aveva bisogno perché non sarebbe stato consegnato in farmacia. Per le persone a cui è capitato (14,2%) la rinuncia non è mai stata dovuta a una consegna bucata dai distributori intermedi, ma dall’indisponibilità del farmaco a monte della filiera e, quindi, dall’impossibilità di poterlo consegnare nelle farmacie.

L’apprezzamento dei cittadini oltre il 90%

Non sorprende dunque che per il 91,8% dei cittadini (92,8% dei pazienti cronici) l’operato della DIF sia una «garanzia per la propria salute». Il 93,7% riconosce l’importanza che tale servizio sia garantito sempre dovunque, anche nei comuni piccoli e in quelli non facili da raggiungere. Sempre al 92,2% (93% tra i malati cronici, 97,7% tra gli over 65) la percentuale di chi è convinto che la DIF eroghi un servizio sanitario «essenziale di pubblica utilità e che, come la pandemia ha insegnato, mai deve essere interrotto». Per l’82,1% degli intervistati la sanità territoriale non potrebbe funzionare senza la garanzia di trasporto di farmaci e dispositivi medici alle farmacie da parte delle aziende coinvolte.

La sfida alle Istituzioni: troppe differenze regionali

Di fronte alle tante critiche che la pandemia ha inevitabilmente portato con sé, il settore DIF si differenzia per un esito di gradimento molto alto e una considerazione che ne amplifica la già buona “social reputation”. Eppure, nonostante questa vasta approvazione, si muovono in contesti regolatori complessi. Fatti di autorizzazioni e adempimenti regionali molto diversi tra loro, con relativi costi. «Da tempo poi – si legge – sono minati i margini operativi delle imprese, a causa della contrazione della remunerazione imposta dalla normativa e del calo dei prezzi dei farmaci dovuto allo sviluppo dei generici». E la DIF avverte che se si continuasse con l’erosione dei margini, il settore potrebbe non continuare a garantire il proprio funzionamento.

Pensare che questo non riguardi tutti e non possa portare conseguenze negative è sbagliato. Se si dovesse diminuire in efficienza la cittadinanza andrebbe ancor di più a rivolgersi fuori dalle farmacie: verso canali meno controllati e controllabili come quelli del web e dell’ecommerce.

Lo studio Censis si conclude con una sfida alle Istituzioni. Se, come è stato ripetuto dal ministro della Salute Roberto Speranza, la sanità territoriale deve essere la base del nuovo approccio italiano, si mostra indispensabile che un settore come la DIF venga considerato e valutato per le performance che garantisce. Far funzionare la sanità significa «rendere migliore la vita dei cittadini», che come in questo caso quando accade ne rendono sempre merito.

 

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