Dall’Italia all’Europa: come vivono e lavorano le donne medico. I risultati dell’indagine nei paesi aderenti alla Fems
Discriminate e insoddisfatte, le donne medico italiane lamentano anche la scarsa possibilità di accedere a ruoli di leadership. Lo rivela l’indagine promossa dall’ANAAO ASSOMED, e realizzata con la collaborazione di AAROI-EMAC e SNR, tra i paesi membri della Federazione Europea dei Medici Salariati (Fems) per conoscere le condizioni lavorative delle donne medico in Europa. I dati fotografano le realtà degli 11 Paesi che hanno risposto al questionario: Bulgaria, Cipro del Nord, Croazia, Italia, Olanda, Portogallo, Romania, Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna, Turchia; sui 17 aderenti alla Fems, che comprende anche Austria, Belgio, Francia, Polonia, Slovacchia, Ungheria.
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Mentre la sanità europea si fa sempre più rosa, l’Italia rimane agli ultimi posti della classifica, davanti solo alla Bulgaria. Le donne medico italiane si confermano deluse. Una dottoressa su due ha denunciato episodi di discriminazione il più delle volte da parte di superiori o pazienti. Solo il 16% è soddisfatto della propria carriera professionale, mentre il 42% non vede un pari coinvolgimento delle donne nei posti gestionali e di leadership. Inoltre, nonostante conoscano leggi che potrebbero sostenerle nella conciliazione casa-lavoro, lamentano il fatto che queste vengano spesso inapplicate.
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Il paese a misura di medico donna? La Romania. Sono le più numerose (69%), le più soddisfatte di retribuzione e carriera, solo il 19% di loro ha subito discriminazioni di genere, e l’indice di gradimento dell’organizzazione del lavoro sale fino all’89%. Di segno positivo anche i dati di altri due Paesi dell’Est: la Repubblica Ceca con il 55% di camici rosa soddisfatti e la Croazia che si distingue per la parità uomo-donna nella gestione della sanità pubblica e per l’alto grado di soddisfazione per le opportunità di carriera, dato che la accomuna all’Olanda. La virtuosa Olanda, eccellenza nelle classifiche Euro Health Consumer Index, tuttavia vede le sue lavoratrici lamentarsi di un welfare che concede congedi parentali troppi brevi ed un accesso al part-time limitato. Chiude la classifica la Bulgaria dove le donne stanno progressivamente abbandonando la professione. Unico tratto in comune tra tutte le donne medico intervistate è la limitata conoscenza delle leggi e contratti che tutelano la professione.