Sul banco degli imputati l’articolo 3 bis del Dl 2 del 2021: chi ha stipulato un incarico ai sensi di questa norma rischia di vedersi bloccata la pensione. Pulci (ENPAM): «Molte persone hanno dato disponibilità sulla base di un contesto normativo in cui non c’era nessuna penalizzazione». De Matteis (SMI): «Molti si tireranno indietro, regole assurde»
Inconferibilità e incumulabilità, norme speciali e norme ordinarie, leggi e commi si intrecciano nel “burocratese” dell’ultima circolare Inps, la numero 70, che in teoria avrebbe dovuto fare chiarezza sul tema, spinoso, della sospensione della pensione per i medici tornati in servizio per l’emergenza Covid e la campagna vaccinale. Un’incertezza normativa che rischia di allontanare tanti camici bianchi in pensione che avevano deciso di mettersi al servizio del Paese per dare una mano in quella che probabilmente è la più grande campagna vaccinale della storia d’Italia.
Sul banco degli imputati c’è una norma del governo Conte, l’articolo 3 bis del DL 2 del 2021 poi convertito dalla legge 29 del 2021 (ormai in epoca Draghi) che ha previsto la sospensione dei trattamenti pensionistici di vecchiaia del personale sanitario collocato in quiescenza a seguito del conferimento di incarichi retribuiti in conseguenza dell’emergenza Covid.
Nella circolare l’Istituto previdenziale chiarisce che lo stop alla pensione scatta solo in determinati casi.
Dunque, per capire se il proprio impegno nell’emergenza Covid può comportare il rischio di stop alla propria pensione è fondamentale sapere a quale normativa fa riferimento l’incarico, se è un incarico di lavoro autonomo o di somministrazione e con che regole si è andati in pensione.
«La normativa, ovviamente, ha valore anche per l’ENPAM» spiega a Sanità Informazione Vittorio Pulci, Direttore dell’Area Previdenza e Assistenza dell’Ente previdenziale di medici e odontoiatri che, nonostante sia una cassa privata, viene in questo caso equiparata all’INPS in virtù della natura pubblicistica delle finalità che persegue. «La circolare dell’INPS – aggiunge Pulci – per quanto abbia cercato di chiarire non è stata proprio cristallina nella sua struttura. Si è quindi generato un regime di incertezza assoluta».
«Il problema – continua – nasce da lontano. Sostanzialmente si è cercato di minimizzare il danno che nasce da una norma. Una cosa è l’inconferibilità degli incarichi: la Legge Madia stabiliva che i soggetti pensionati non potevano ricevere un incarico da una pubblica amministrazione (articolo 5 comma 9 del Dl 95 del 2012). Con l’emergenza Covid, il legislatore si è posto il problema. Allora ecco la norma speciale: l’articolo 2 bis del Decreto Cura Italia prevedeva che le pubbliche amministrazioni, in deroga al divieto di cui all’articolo 5 comma 9 del Dl 95 2012, possono dare incarichi ai soggetti in pensione».
Discorso diverso per l’incumulabilità, che invece afferisce a normative diverse. «Il Cura Italia prevedeva che agli incarichi assegnati in base all’articolo 2 bis non si applicava l’incumulabilità tra redditi di lavoro autonomo e trattamento pensionistico previsto per Quota 100 – continua Pulci -. Ora, invece, a cambiare le cose c’è l’articolo 3 bis del DL 2 del 2021 che mescola i due problemi».
«In sostanza, si sta chiedendo a qualcuno di tornare al lavoro per salvare il Paese e in cambio gli si toglie un diritto acquisito che è la pensione. Ma la pensione non c’entra con lo svolgere questo altro tipo di attività. La pensione deriva dai contributi previdenziali versati nel corso della propria vita contributiva».
Tuttavia, la circolare INPS ha chiarito che almeno per gli incarichi di lavoro autonomo continuerà ad applicarsi il Cura Italia. Resta fuori, però, chi ha stipulato un contratto ai sensi del famigerato articolo 3 bis.
Discorso diverso per i medici vaccinatori, che in genere sono stati richiamati in servizio con un contratto di somministrazione. «In questo caso l’INPS dice che l’incumulabilità non si applica perché non è un incarico ma un contratto di lavoro dipendente a tempo determinato in regime di somministrazione, quindi si applicano le normali regole sulle incumulabilità dei redditi: Quota 100, l’APE sociale e i lavoratori precoci fanno scattare l’incumulabilità», specifica Pulci.
«È opportuno che l’articolo 3 bis sia cambiato. Non ha senso sospendere la pensione che uno si è guadagnato versando i contributi, è contraddittorio anche da un punto di vista della ratio della norma. Io cerco di favorire il rientro in attività di alcuni soggetti ma contestualmente gli sottraggo la pensione. Sono due diritti completamente distinti: uno è il diritto ad una equa retribuzione, l’altro è il diritto a vedersi erogato quel reddito procrastinato che è la pensione. Molte persone hanno dato disponibilità sulla base di un contesto normativo in cui non c’era nessuna penalizzazione. Bloccare le pensioni è incostituzionale».
«È l’ennesima vergogna dell’Italia», tuona Cosmo de Matteis, Presidente nazionale emerito del Sindacato Medici Italiani (SMI) che racconta a Sanità Informazione come molti camici bianchi stiano iniziando a tirarsi indietro dalla campagna vaccinale. «Io – spiega De Matteis – ho fatto il vaccinatore all’Università della Calabria con attività libera professionale con regolare fattura e non ho avuto problemi. Ora mi chiedono di fare 39 ore a settimana con contratto di somministrazione. E non è chiaro se dovrò rinunciare alla pensione. Così non va bene».
«Io faccio volontariato – continua De Matteis -. Siamo stati in Eritrea con un gruppo di medici della zona. Abbiamo fatto le prime dialisi che lì non esistevano. Il volontariato è questo. Ma qua è diverso: tu, Stato, discrimini tra chi è andato in pensione in un determinato periodo, chi è andato per vecchiaia, chi per la Quota 100…non ha alcun senso. Molti si tireranno indietro».
«Ho perso diversi colleghi per il Covid. Finché siamo carne da macello va tutto bene. Quando c’è la possibilità di guadagnare qualcosa…», conclude amareggiato il Presidente onorario dello SMI.
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