Marchisio (GFT): «L’istituzione del Triage è una grande conquista. La sua gestione, la fase più delicata dell’intera emergenza, dev’essere di competenza infermieristica»
A marzo il numero unico di emergenza e del sistema di soccorso pre-ospedaliero compirà 30 anni. Ma tre decenni non sono bastati a rendere univoci i servizi e le prestazioni offerte dal nord al sud della Penisola. Disparità di gestione e trattamento che, durante le fasi più acute della pandemia da Covid-19, sono emerse in maniera così evidenti da essere ormai innegabili. È per questo che tutti gli stakeholders del settore hanno unito forze, proposte e competenze dando vita alla Carta di Riva (che prende il nome da Riva del Garda, luogo in cui è stata firmata), siglata ieri sera, lunedì 20 settembre, al termine della prima giornata del Congresso Nazionale Emergenza Urgenza. Un’occasione che ha visto dialogare tutte le realtà dell’emergenza con i rappresentanti delle Istituzioni.
Ad aprire la presentazione della Carta di Riva sono stati infatti il ministro per gli affari regionali e le autonomie Mariastella Gelmini e l’assessore Raffaele Donini, coordinatore della commissione Salute della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
«È la prima volta che tutte le società scientifiche dell’emergenza-urgenza, le associazioni di volontariato, gli autisti soccorritori, alcuni sindacati, si ritrovano a siglare un unico documento – commenta a Sanità Informazione Daniele Marchisio, infermiere e presidente della società scientifica “Gruppo Formazione Triage” (GFT) -. Cosi come è la prima volta – aggiunge – che vedo tanta attenzione da parte delle forze politiche».
La Carta di Riva contiene in tutto 13 punti, ritenuti “imprescindibili per il cambiamento del Sistema”, soprattutto per renderlo unico, efficiente ed omogeneo su tutto il territorio nazionale. Si parte dall’adeguamento del sistema e del ruolo delle figure che ne fanno parte in base all’evoluzione tecnologica, fino al superamento della frammentazione dei modelli gestionali. Ancora, previsti la valutazione delle performance, il riconoscimento formale delle associazioni di volontariato, l’utilizzo di forme omogenee di reclutamento del personale, la necessità di una norma nazionale che regolamenti gli standard formativi.
«Questa Carta è frutto di molti anni di studio e lavoro sul campo del “Gruppo di Formazione Triage” – sottolinea Marchisio -. L’istituzione del Triage, sia in centrale operativa (dove giungono le telefonate dei cittadini in cerca di aiuto), sia in ospedale, è una delle più grandi conquiste degli ultimi tempi. La sua gestione è, tuttavia, la fase più delicata dell’intera emergenza: è necessario prestare la massima attenzione ai bisogni di salute del singolo paziente e, soprattutto, pianificare la sequenza degli interventi in base alle priorità emergenti. Compiti cruciali che non possono che continuare ad essere gestiti dagli infermieri».
Gli infermieri sono infatti tra le figure professionali sanitarie in prima linea. Come si legge nella Carta è prioritaria “la valorizzazione del personale infermieristico nelle centrali operative e nei pronto soccorso (…), in ambito di emergenza preospedaliera (…), durante interventi salvavita attraverso appositi strumenti operativi”.
Cambiamenti necessari, quelli previsti nella Carta, anche alla luce dei risultati di un’indagine sul sistema 118 Italia realizzata da SIEMS (Società Italiana Emergenza Sanitaria) e SIIET (Società Italiana Infermieri Emergenza Territoriale). Dall’analisi emerge che elementi essenziali – come la composizione dell’equipe sui mezzi di soccorso, l’applicazione di protocolli per la somministrazione da parte degli infermieri di farmaci salvavita, la formazione del personale – sono così disomogenei da non poter garantire un sistema sanità uguale a tutti i cittadini d’Italia.
«Questa indagine è un’ulteriore dimostrazione dell’urgenza di applicare quanto espresso nella Carta di Riva che speriamo – conclude Marchisio – trovi nei decisori politici la stessa convergenza mostrata da tutti gli operatori del settore emergenza-urgenza».
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