«Buone prestazioni di pari passo a corrette retribuzioni: le rappresentanze mediche devono sostenere questo diritto, è vitale per il Sistema ma anche per il Paese» così ai microfoni di Sanità Informazione Antonio Magi, Segretario Generale Sumai-Assoprof
Dopo il parere negativo dell’Antitrust sull’emendamento dell’equo compenso in seno al DL fiscale, le polemiche intorno alla richiesta avanzata dai liberi professionisti di un riconoscimento economico ‘proporzionato’ alle prestazioni, continuano e si fanno sempre più accese. Sull’argomento Sanità Informazione ha intervistato Antonio Magi, Segretario Generale del Sindacato degli Specialisti Ambulatoriali del Sumai-Assoprof.
Capitolo equo compenso: sappiamo che è di questi giorni la bocciatura da parte dell’Autorità della concorrenza, perché la categoria dei medici reclama l’equo compenso e cosa pensa di questo parere sfavorevole da parte dell’Antitrust?
«L’equo compenso va di pari passo con la qualità delle prestazioni: oggi è impensabile (come si evince chiaramente negli ultimi giorni dalla stampa) che un collega possa essere pagato con pizza e birra, e nel frattempo nel caso dovesse fare un’azione di malpractice, poi venisse denunciato per 2 milioni di euro; dalla pizza ai due milioni di euro c’è una certa differenza. Una prestazione professionale medica dovrebbe avere un compenso congruo, l’atto medico dovrebbe godere del giusto rispetto, mi riferisco ai medici più anziani ma anche i più giovani, perché sono proprio quelli che vengono addirittura obbligati ad avere una situazione retributiva bassa. L’equo compenso si lega strettamente alla qualità, difficilmente un professionista affermato offrirà servizi in cambio di compensi molto basso, quindi altrettanta cosa dovrebbe essere per chi la professione la fa e la fa bene. Non bisogna svalutare la professione perché si svaluta anche l’atto medico e il paziente non ne usufruisce in maniera corretta. Cosa penso della bocciatura dell’Antitrust? Penso che l’Autorità, nel fare la sua valutazione, ha seguito quelle che oggi sono le norme in vigore, ossia la Legge Bersani che purtroppo ha eliminato le tariffe minime ordinistiche ritenendo che anche la sanità fosse ‘un mercato’, ma non è così».
Lei ha fatto riferimento ai giovani che rappresentano la frangia più delicata della categoria (non solo quella medica): qual è la situazione effettiva del loro inserimento professionale? E relativamente all’equo compenso, per i giovani quali sono le prospettive in tal senso?
«In questo momento la situazione è grave: i giovani quando si laureano possono entrare nelle scuole di specializzazione (per medicina generale o altre branche), ma queste scuole sono tutte a numero chiuso, numero ridotto anche rispetto alla necessità e al fabbisogno del Paese, dunque chi non entra nelle scuole ha difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro e sono proprio questi i colleghi che vengono ‘usati’ in una situazione di low cost di bassa qualità e vessati con retribuzioni minime o addirittura compensati con pizza e birra. Quindi l’equo compenso è fondamentale per dare dignità anche a questi professionisti che devono potersi muovere in un contesto normato con congrui compensi per il loro operato; non mi riferisco a cifre sbalorditive ma sicuramente ritengo ingiusto che una prestazione sia pagata 8 euro (compenso orario dei giovani medici in ambulanza), 5 euro a visita (medici specialisti), insomma non è corretto e neanche deontologico. Non è soltanto un trattamento ingiusto nei confronti del professionista ma anche del paziente che non ha così certezza di una prestazione adeguata».
Sul tema equo compenso la categoria degli avvocati è un passo avanti rispetto alle altre professioni: perché la categoria medica è rimasta indietro nel sostenere questa richiesta?
«La categoria medica si trova più indietro perché la rappresentanza della nostra categoria ha esitato su alcuni temi; in proposito, in questi giorni ci sono le elezioni dell’Ordine dei medici di Roma e tra le nostre priorità in programma c’è incentivare la vicinanza dell’Ordine con i colleghi ma anche con i cittadini, ci tengo a ricordare infatti che l’Ordine prima di tutto, è un organo ausiliario dello Stato a difesa e tutela del cittadino. Detto questo è fuori ogni dubbio che gli avvocati abbiano fatto un bel lavoro, il nostro compito adesso è fare altrettanto e sollecitare la Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici a intervenire più incisivamente su questo argomento».