Dal convegno organizzato dall’università Luiss Guido Carli e Sanità Informazione, le ultime novità in tema di inadempimento del diritto UE da parte dell’Italia in ambito sanitario. Parlano i professori e i principali esperti tra cui Sergio Di Amato, già presidente della terza sezione civile della Corte di Cassazione e attuale presidente della Commissione Tributaria Provinciale di Roma
Volontà di chiudere il contenzioso e preoccupazione per il bilancio dello Stato. Sono i due motivi che, secondo il professor Sergio Di Amato, già magistrato e presidente della Terza Sezione civile della Corte di Cassazione nonché attuale presidente della Commissione tributaria provinciale di Roma, hanno spinto alcuni giudici a ritenere prescritto il diritto degli ex specializzandi ad ottenere il risarcimento di quanto non percepito negli anni di formazione post-laurea. «Sentenze non corrette» e «incongruenze giuridiche», aggiunge dal tavolo della Sala delle Colonne dell’università Luiss Guido Carli, che ha ospitato il secondo convegno nazionale, organizzato da Luiss e Sanità Informazione, dedicato all’“Inadempimento degli obblighi comunitari: responsabilità degli Stati membri in ambito sanitario”.
«L’incertezza giuridica della questione è stata risolta nel 2011, quando è stato individuato il soggetto passivo destinatario dell’azione – spiega il professor Di Amato -. È da quel momento che decorre il termine di prescrizione, e non dal 2009 come stabilito dalla Corte di Cassazione. Mi auguro quindi che la Cassazione possa ritornare sui suoi passi o, altrimenti, che intervenga la Corte di Giustizia Europea. Intervento che, naturalmente, deve essere sollecitato da un giudice nazionale. I giudici dovrebbero quindi avere più coraggio».
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Secondo l’autorevole parere del professore, quindi, la prescrizione non è ancora scattata, e quei medici che non hanno ottenuto il giusto riconoscimento economico durante la scuola di specializzazione sono ancora in tempo per intraprendere le vie legali e chiedere il rimborso delle somme dovute dallo Stato: «In assenza di sentenze e normative chiare ed univoche sulla posizione dei medici immatricolati dal 1978 in poi – si legge nello studio condotto dal professor Di Amato -, non si è formata la certezza del diritto necessaria per il decorso della prescrizione». In particolare, «la situazione di grave incertezza, oltre che allo Stato legislatore, che ha pervicacemente disatteso i suoi obblighi anche quando ha emanato leggi espressamente definite di adempimento, è riconducibile ai tempi occorsi alla giurisprudenza nazionale per pervenire ad una definizione del rimedio ed anche all’Avvocatura dello Stato, anch’essa tenuta all’obbligo di leale collaborazione, la quale ha sollevato eccezioni di ogni tipo. Solo dal 2011 lo Stato, attraverso l’elaborazione giurisprudenziale, ha messo a disposizione dei soggetti lesi dal suo inadempimento un sufficientemente certo e perciò effettivo rimedio giurisdizionale e può, quindi, iniziare a decorrere la prescrizione decennale. La situazione di incertezza si è dunque risolta soltanto nel 2011. Ecco perché credo che il termine di prescrizione debba decorrere proprio dal 2011», conclude.