Il segretario generale della Federazione dei medici di medicina generale: «La politica si faccia carico del problema e adotti una soluzione transattiva»
Sembrano non esserci legami evidenti tra la vicenda degli ex specializzandi e i medici di medicina generale. E invece ci sono. È Silvestro Scotti, segretario generale nazionale della Federazione italiana medici di medicina generale, a farli notare. E ne fa una questione di «valorizzazione del diritto delle persone ad ottenere un giusto compenso per i percorsi di formazione post-laurea».
Gli ex specializzandi sono quelle migliaia di medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione tra il 1978 ed il 2006 non ricevendo alcun compenso o ottenendo delle borse inferiori a quelle riconosciute dalle direttive europee, che l’Italia ha adottato in ritardo. Una vicenda che è finita nei tribunali di tutta Italia, dove si trascina da decenni a suon di ricorsi e sentenze che riconoscono il diritto di questi medici ad ottenere un risarcimento.
Stanchi di attendere le lungaggini della giustizia italiana, da qualche settimana hanno aderito alla petizione lanciata da Consulcesi, il principale gruppo legale di riferimento per il mondo medico, per chiedere di adottare una transazione che ponga fine allo scontro con lo Stato. Una soluzione che, da quanto evidenziato dalla stessa Consulcesi e dalle principali istituzioni sanitarie che si sono schierate al suo fianco in questa battaglia, consentirebbe di raggiungere un risultato soddisfacente per entrambe le parti: i medici in causa otterrebbero prima i loro assegni anche se di entità un po’ inferiore, e lo Stato, quindi, risparmierebbe. E non poco.
Ma i medici di medicina generale cosa c’entrano? È qui che scende in campo Scotti: «Negli ultimi anni in questo Paese ci sono stati indubbiamente dei modelli discriminatori per quanto riguarda l’entità delle borse previste per i medici che frequentano i corsi di formazione in medicina generale e gli specializzandi». I primi, infatti, ricevono circa 900 euro al mese, su cui devono pagare anche le tasse; i secondi, invece, guadagnano circa 1500 euro al mese netti, esentasse e con copertura assicurativa inclusa. «Eppure – prosegue Scotti – le direttive europee cui fanno riferimento sono sostanzialmente omologhe».
Un tema, quello della disparità di trattamento tra i due gruppi di medici in formazione, che è stato più volte sollevato. «Ma uno dei motivi che ci impedisce di andare avanti è anche la mancata soluzione del pregresso. È chiaro – si spiega meglio Scotti – che se io oggi modificassi la borsa di studio del corso di formazione in medicina generale farei un’azione positiva anche per tutti i recuperi degli anni precedenti. E questa è una delle opposizioni più forti che ci vengono fatte dalle istituzioni, perché chiaramente non bisognerebbe più ragionare solo sul fondo riferito all’attuale, ma anche sul fondo pregresso».
Detto in altre parole, la borsa di studio dei futuri MMG non viene aumentata per non dar vita ad una vicenda ex specializzandi 2.0. «È chiaro dunque – aggiunge il segretario della Fimmg – che a questo punto la politica debba farsi carico del problema e risolvere il pregresso. E prenda coscienza, in questo momento, che anche di fronte alle borse di studio tutti i medici dovrebbero essere uguali».
L’appello di Scotti, quindi, è di appoggiare le iniziative promosse da Consulcesi firmando la petizione sugli ex specializzandi lanciata su change.org, «perché risolvere questa conflittualità servirà probabilmente anche a trovare motivazioni per lo sviluppo delle condizioni attuali in modo da non ripetere quello stesso errore».
E il momento sembra essere proprio quello giusto, per raggiungere il risultato di un’azione transattiva: «Ci sono dei fondi che possono essere indirizzati in questa direzione e non creare ulteriore debito. Anche perché – la conclusione di Scotti – un fenomeno transattivo per lo Stato ha sicuramente costi ridotti rispetto alle azioni legali».