«La Federazione accetta la sfida del cambiamento e vuole dare la possibilità ai giovani medici di sfruttare al meglio il loro tempo. Nessun passo indietro sulla qualità o sugli obiettivi di formazione dei MMG» così Filippo Anelli
«La FNOMCeO vuole dare la possibilità ai giovani medici di sfruttare il loro tempo al massimo. Se non dovessero riuscire ad accedere al corso di Medicina Generale, potrebbero dedicare un anno ad una preparazione diversa ma in ogni caso utilissima». Così il Presidente della Federazione Nazionale dei camici bianchi riprende il tema della formazione e dell’inserimento lavorativo dei medici di famiglia dopo la proposta lanciata nelle passate settimane, proprio da FNOMCeO, di ridurre temporaneamente il corso di un anno.
Proposta commentata e sviluppata da Silvestro Scotti, Segretario generale FIMMG, che aveva illustrato a Sanità Informazione la prospettiva, cosiddetta, dell’1+2 , spiegando che il percorso formativo MMG rimarrebbe di tre anni, con la differenza che «il primo anno sostanzialmente sarebbe come un master con un accesso anche più numeroso rispetto a quelli che sono i posti nel bando. Questa soluzione – aveva spiegato Scotti – potrebbe dare, ad una platea più ampia di giovani medici, nuove prospettive professionali anche per chi in seguito non riuscisse ad accedere al bando». Filippo Anelli ci tiene a precisare che la qualità del corso non cambierebbe qualora si adottasse la formula 1+2 finalizzata a ristrutturare la formazione in Medicina Generale e, allo stesso tempo, a «sopperire alla carenza dei medici».
«Dunque, rimodulare l’offerta formativa non andrebbe ad inficiare la qualità del corso – prosegue Anelli -, infatti non si dovrebbe abbassare né il numero delle ore formative, né gli obiettivi che rimarrebbero inalterati. Questo tema in passato era stato posto anche dal Ministero, noi come Federazione ci vogliamo essere e non ci tiriamo indietro, accettiamo la sfida del cambiamento».
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Una sfida sì, ha ragione il Presidente FNOMCeO, che andrebbe a sovvertire un meccanismo avviato da tempo ma, probabilmente, «potrebbe significare anche una svolta e creare delle professionalità nuove: il corso “master” preparerebbe per esempio all’attività di emergenza, alla guardia medica e anche alla medicina penitenziaria. Vorrei tranquillizzare tutti – conclude Anelli – che non abbiamo alcuna volontà o voglia di ridurre la qualità del corso, sappiamo anche che c’è lo sforzo di rendere il corso anche accademicamente riconosciuto in modo tale che sia convalidato e possa spalancare altre porte e opportunità davanti alle nostre giovani risorse».