Raggiunto da Sanità Informazione nella Giornata del personale sanitario, socio-sanitario e volontario contro Covid-19, a un anno dall’inizio della pandemia, il presidente Fnomceo Filippo Anelli parla di «un momento di riflessione sulla capacità di queste professioni di mantenere unito il Paese»
A un anno esatto dalla scoperta del primo paziente italiano affetto da Covid-19, l’Italia rivive quei dolorosi momenti nella Giornata nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato contro Covid-19, istituita e approvata dal Parlamento unanimemente.
Mentre l’anestesista Annalisa Malara nell’ospedale di Codogno diagnosticava a Mattia Maestri qualcosa «di più di una semplice polmonite», il Paese tremava al pensiero di una diffusione del virus. E 365 giorni dopo i morti per Covid sono quasi 100mila, tra questi 324 medici e 81 infermieri. Vite che la lotta alla pandemia ha strappato, ma non “sconfitto”.
Il personale sanitario e quello volontario continuano senza sosta a combattere il virus e oggi si celebra la resilienza loro e di tutti i colleghi caduti. Sanità Informazione ha raggiunto il presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei Medici) Filippo Anelli, per un pensiero sulla Giornata. Oggi, alla sede Fnomceo di Roma, un evento celebrativo con la partecipazione di Roberto Speranza e dei presidenti di Camera e Senato.
«Credo che si debba ringraziare il Parlamento per questa norma di legge – esordisce – che istituisce una giornata di solennità civile e quindi un momento in cui tutta la nazione è chiamata a ricordare l’impegno, la passione e la dedizione di tutto il personale sanitario, socio-sanitario, il personale socio-assistenziale e il volontariato».
Usa la parola “ricordare” il presidente Anelli, non “celebrare” perché «non è una giornata di festa purtroppo, in questa ricorrenza ricordiamo i nostri colleghi deceduti per Covid. È e deve essere un momento di riflessione su quello che è successo». «Sul fatto – aggiunge – che queste professioni oggi sono state quelle che sono riuscite a tenere il Paese unito, al di là delle carenze e delle conseguenze dei tanti tagli che nel passato ci sono stati in sanità».
Un dovere che tutti hanno sentito allo stesso modo. «Medici, infermieri e tecnici – spiega Anelli – si sono spesi alla stessa maniera, da nord a sud, con le competenze che sono proprie di ogni specifica professione e sono riusciti a dare questo senso di unità al Paese». Un segnale importantissimo per tutti perché «queste professioni consentono ai cittadini di godere di quei diritti previsti all’interno della nostra Costituzione, che vanno dal diritto alla vita e alla salute, ma anche al diritto all’uguaglianza e quindi a quello di accedere al Servizio sanitario nazionale, di avere una scelta libera con una ricerca libera».
Una giornata per ricordare, dunque «che le nostre professioni sono strumento di unità della nostra nazione».
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