Al via, da Firenze, il primo Congresso itinerante della FNOPI. In programma 20 tappe, da maggio a dicembre per la promozione delle buone pratiche e delle eccellenze della professione infermieristica. La segretaria nazionale FNOPI: «Necessario adeguare la formazione specialistica ai nuovi ruoli dell’infermiere, per preparasi anche alla possibilità di prescrivere farmaci e presidi»
Le foto, i dipinti la ritraggono sempre con un foulard tra i capelli. Il suo volto è ordinato, composto, proprio come lo sono diventate le corsie degli ospedali dopo che le sue idee rivoluzionarie sono state messe in pratica. Ad ispirare queste parole è l’immagine di Florence Nightingale, la fondatrice delle Scienze infermieristiche moderne. Fu lei ad intuire che per potenziare i risultati dell’assistenza sanitaria britannica era necessario migliorare l’igiene, l’organizzazione dei servizi e la relazione con i malati. All’epoca, nella stessa stanza, se non addirittura nello stesso letto, si accalcavano pazienti con le malattie più disparate.
È in memoria di questa donna dalla mente brillante (Nightingale è nata il 12 maggio del 1820) che si celebra oggi, in tutto il mondo, la Giornata internazionale dell’Infermiere. «L’anno scorso avremmo voluto celebrare il bicentenario della sua nascita – racconta Beatrice Mazzoleni segretaria nazionale FNOPI, la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche -, ma non è stato possibile a causa della pandemia in corso. E così abbiamo deciso di rimandare i festeggiamenti al 2021».
“Ovunque per il bene di tutti. Infermieristica di prossimità per un sistema salute più giusto ed efficace” è lo slogan della Giornata che, oltre a celebrare questa ricorrenza internazionale, inaugura da Firenze (città natale di Florence Nightingale) il Congresso Nazionale di categoria. Per l’occasione sarà anche presentato un volume inedito sui rapporti tra Florence e l’Italia, nazione che le ha dato i natali e che ben conobbe anche dal punto di vista scientifico e professionale, durante due lunghi viaggi nel corso della sua vita.
«Per la prima volta – continua Mazzoleni – saremmo protagonisti di un congresso itinerante. Contrariamente agli altri anni, durante i quali abbiamo sempre organizzato un unico grande evento alla presenza di 5-6 mila infermieri, quest’anno, anche nel rispetto delle normative di contenimento del contagio da Covid-19, faremo 20 tappe in giro per l’Italia, da maggio a dicembre».
Il filo rosso che legherà le esperienze di tutte le tappe del Congresso FNOPI sarà l’infermieristica di prossimità, a partire dall’infermiere di famiglia e comunità, figura già presente in Toscana dal 2018 e che, istituita per legge col decreto Rilancio del maggio 2020, dovrebbe essere presente anche in tutte le altre Regioni italiane.
«Il ruolo dell’Infermiere di famiglia e comunità – sottolinea la segretaria nazionale FNOPI – è indispensabile anche per raggiungere gli obiettivi contenuti nel Recovery Plan. Non solo per la gestione delle case di Comunità, ma anche per implementare l’assistenza territoriale. Secondo il PNRR, infatti – aggiunge -, entro il 2026, il 10% della popolazione over 65 dovrà essere assistita a domicilio. Compito dell’infermiere è anche la presa in carico della popolazione sana sin dall’età pediatrica con un doppio obiettivo: allontanare il più possibile il momento di insorgenza della malattia e guidare, a seconda della patologia, il paziente, i suoi familiari e i caregiver verso il professionista migliore e servizi più opportuni, al momento giusto. Nelle case di Comunità la figura dell’infermiere sarà necessaria pure per gestire gli assistiti più fragili, come gli anziani che, oltre a problemi di salute, potrebbero avere difficoltà di tipo sociale».
Gli infermieri dovranno prepararsi a ricoprire questi nuovi ruoli attraverso una formazione adeguata «La laurea in Scienze infermieristiche prevede un corso di laurea triennale che può essere seguito da una specialistica della durata di ulteriori due anni. Le specializzazioni, finora focalizzate su competenze di tipo manageriale, dovranno essere orientate anche in ambito clinico. Questo – spiega l’infermiera – sia per aiutare i nostri professionisti ad affrontare al meglio le novità previste per l’assistenza territoriale, sia per prepararli a prescrivere farmaci e, soprattutto, presidi. Assistiamo moltissime persone a domicilio, eppure non ci è permesso prescrivere quei presidi che noi stessi utilizziamo per medicare e prenderci cura dei nostri pazienti. Estendere la possibilità di prescrizione agli infermieri rappresenterebbe un ulteriore atto di coraggio organizzativo che, nel prossimo futuro, potrà essere più che mai utile ad agevolare l’assistenza territoriale, permettendoci di offrire – conclude Mazzoleni – servizi sempre più prossimi ai nostri assistiti».
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