Il libro, curato da Cimo Lab, vuole essere una testimonianza che vada al di là di come viene raccontata sui media la pandemia da Covid-19
Ventotto storie di medici dal fronte. Ventotto racconti veri, scritti da chi l’emergenza Covid la sta vivendo, suo malgrado, da più di un anno nelle corsie degli ospedali italiani. Un progetto corale che vuole essere una testimonianza viva di chi sa bene come sono andate (e stanno andando) le cose da quando il virus SARS-CoV-2 è piombato nelle nostre vite. Una traccia che possa fare da contraltare agli articoli di giornale (che spesso e volentieri raccontano storie estreme, che non sono la normalità) e i servizi televisivi (a volte esagerati per far spettacolo e, dunque, ascolti) che sono usciti e usciranno sul tema.
Parliamo di un libro intitolato “Giuro di non dimenticare”. Un volume che raccoglie «storie personali raccontate in maniera spontanea, senza la pretesa di essere esaustive o di dichiarare una sola, unica verità – spiega a Sanità Informazione Cristina Cenci, Responsabile nazionale di Cimo Lab e coordinatrice del progetto –. L’idea è venuta a noi e al Presidente Cimo, Guido Quici, per lasciare una testimonianza di questo periodo che venisse dalla base, ovvero da chi lavora negli ospedali tutti i giorni. Per questo abbiamo chiesto ad una cinquantina di colleghi se volessero scrivere qualcosa per noi, raccontando le loro storie ed evidenziando in particolare le loro emozioni, sia positive che negative».
Di questi circa 50 medici interpellati hanno risposto in 28: «Non abbiamo escluso nessuna storia. Abbiamo deciso di pubblicarle tutte. Non siamo neanche intervenuti sui testi, se non per correggere qualche piccolo refuso. Ciò che ho fatto insieme ad un gruppetto di colleghi, con il quale abbiamo creato una sorta di comitato di redazione, è stato scegliere un filo conduttore per poter allineare le storie».
Il materiale ricevuto, ovviamente, era abbastanza eterogeneo ma con un comun denominatore: «La grandissima aderenza dei colleghi ai principi etici e deontologici espressi in maniera egregia nel codice professionale. Insomma, il giuramento di Ippocrate. E per questo – spiega Cenci – abbiamo deciso di usare Ippocrate per dare il titolo al libro, per aprirlo e per chiuderlo».
I medici che hanno preso parte alla stesura del libro sono «medici ospedalieri in attività, dallo specializzando al direttore di struttura complessa. Solo una storia è arrivata da un pensionato. È il padre di una nostra collega che ha raccontato di come ha curato a distanza una persona a lui cara che aveva avuto il Covid fino all’ospedalizzazione». Non tutti gli autori sono però in prima linea nella lotta al nuovo coronavirus: «Alcuni sono impegnati nei reparti Covid. Altri no ma sono stati chiamati a dare il loro contributo al di fuori della loro specialità o che hanno riorganizzato il loro modo di lavorare a causa dell’emergenza».
Anche Cristina Cenci ha scritto una delle storie contenute in “Giuro di non dimenticare”: «La mia è una storia che ha un marcato tratto sindacale. È una sorta di denuncia verso la non organizzazione post-estate in senso Covid della sanità. Ma in molte altre storie contenute nel libro si parla della mancanza di organizzazione».
Il ricavato dalla vendita del libro verrà devoluto alla Fondazione Onaosi per opere di assistenza dedicate agli orfani di medici deceduti per Covid.
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