Lavoro e Professioni 5 Giugno 2020 11:00

Il 91% degli italiani si fida degli infermieri e chiede che se ne assumano di più: i dati del rapporto Censis-FNOPI

L’indagine premia la figura professionale dell’infermiere: picco di consensi nel Nord Est. Promosso a pieni voti l’infermiere di famiglia. L’83% incoraggerebbe un parente o un amico a intraprendere la professione. Oltre 29 milioni gli italiani che si sono imbattuti in fake news durante la pandemia di Covid-19

di Giovanni Cedrone e Gloria Frezza
Il 91% degli italiani si fida degli infermieri e chiede che se ne assumano di più: i dati del rapporto Censis-FNOPI

Gli italiani si fidano degli infermieri e ritengono essenziale potenziare il Sistema sanitario nazionale aumentandone il numero. Sono alcuni dei risultati del rapporto Censis-FNOPI “Dagli infermieri le buone soluzioni per la sanità del prossimo futuro” che racconta il rapporto degli italiani con questa figura professionale dopo l’emergenza Covid-19 e il valore e il contributo degli infermieri al Servizio sanitario del prossimo futuro.

LEGGI L’ABSTRACT DELLA RICERCA

I risultati del rapporto sono assolutamente incoraggianti per la professione infermieristica. Promosso a pieni voti l’infermiere di famiglia o comunità, figura professionale attesa da tempo che è diventata realtà con il Dl Rilancio: il 91,4% degli italiani considera l’attivazione e/o il potenziamento di questa figura nei territori una buona soluzione per l’assistenza e la cura di non autosufficienti, cronici, persone bisognose di terapie domiciliari o riabilitative. In particolare, per il 51,2% degli italiani faciliterebbe la gestione dell’assistenza al paziente migliorando la qualità della vita di pazienti e familiari, per il 47,7% darebbe sicurezza e maggiore tranquillità a pazienti e familiari, per il 22,7% innalzerebbe la qualità delle cure perché potrebbe essere il coordinatore di fatto dell’assistenza a cronici non autosufficienti.

Consolidato il livello di fiducia degli italiani verso gli infermieri: il 91% degli italiani ha molta o abbastanza fiducia negli infermieri, valore con punte del 93,8% nel Nord Est, del 93,7% tra gli anziani, mentre il 68,9% valuta positivamente la propria esperienza di rapporto con gli infermieri, con valori più elevati nel Nord Est (73,9%) e nelle famiglie con non autosufficienti (72,6%).

LEGGI ANCHE: «LA MIA VITA DA INFERMIERA, TRA AMBULANZE E CASE DI RIPOSO, AI TEMPI DEL COVID-19»

Alto l’appeal della professione, forse accresciuto anche dall’eroismo di questi tempi: l’83% degli italiani incoraggerebbe un figlio, parente o amico che volesse intraprendere la professione dell’infermiere. Il 71,1% perché è un lavoro utile dove si aiuta chi soffre; il 37,3% perché lo reputa una attività affascinante, che fa crescere come persona; il 32,9% perché consente di trovare lavoro.

«Più infermieri per una sanità migliore – ha commentato Francesco Maietta, responsabile Politiche Sociali Censis, nel corso del webinar in cui sono stati presentati i risultati –. Oggi la fiducia è un materia scarsa. Questo ci rinvia a un rapporto consolidato nel tempo tra infermieri e cittadini, nonostante la situazione non facile della sanità degli anni scorsi. Quindi non una fiducia legata solo al Covid-19 e alla figura di eroi, ma a un qualcosa di duraturo».

Risultati che non stupiscono, per la presidente della Federazione degli Ordini degli Infermieri (FNOPI) Barbara Mangiacavalli, e portano molto orgoglio alla categoria. «Credo che mai come ora nella fase 2, vicina alla fase 3 – ha fatto presente – si debba riflettere in maniera concreta sul territorio, considerandolo il luogo privilegiato dei bisogni socio-sanitari. Bisogna creare condizioni perché la presa in carico di disabilità e cronicità sia al centro».

Per la presidente l’infermiere di famiglia e comunità dovrà ricoprire molteplici funzioni: «Di attivatore delle reti, ricompositore della frammentazione del territorio, fonte di educazione alla salute, punto di presa in carico del processo di assistenza infermieristica e collante su un percorso più articolato della persona assistita».

La presidente porta ad esempio l’esperienza del Friuli Venezia-Giulia, che in questi anni ha affidato a questa figura una parte fondamentale nella gestione del territorio. «Si è vista – ha raccontato Mangiacavalli – una riduzione del 20% dei codici bianchi e del 10% dei ricoveri ospedalieri, che ci fanno dire che innovare nel Paese il modello assistenziale e fare dell’infermiere un professionista che intercetta il bisogno sanitario e consente all’equipe multi-professionale di metterlo in carico, porta dei risultati non di poco conto».

Interessante il dato sulle fake news emerso nel rapporto, che in questa pandemia hanno imperversato su ogni mass media: a 29 milioni gli italiani è capitato durante il lockdown di pescare sul web o i social notizie false o sbagliate su origini, modalità di contagio, sintomi, misure di distanziamento o cure relative a Covid-19. Anche su questo fronte, gli infermieri sono pronti a mettersi in gioco e ad essere, dato il livello di fiducia di cui godono, tra i più ascoltati debunker di bufale.

L’ultimo dato riguarda l’aumento del numero di infermieri da sempre richiesto dalla FNOPI che stima in 450mila il numero totale di infermieri di cui ci sarebbe bisogno: ciò significa un reclutamento aggiuntivo di circa 57mila infermieri. Anche su questo fronte gli italiani si schierano al fianco degli infermieri: il 92,7% degli italiani è favorevole ad aumentarne il numero, con punte del 94,3% nel Nord Est e del 95,2% tra chi ha una laurea. Sulle motivazioni, per il 41,9% degli italiani sarebbe una buona soluzione per colmare le attuali lacune di organico nel Servizio sanitario, per il 40% per potenziare servizi di territorio, domiciliari, di emergenza/Pronto soccorso, per il 32,5% per poter smaltire liste di attesa per specifiche prestazioni, per il 19,8% per potenziare la presenza di interlocutori di cui si ha grande fiducia.

Un incremento, dunque, della sanità territoriale che si lega a doppio filo con l’importanza che in futuro rivestirà il ruolo dell’infermiere di famiglia e comunità. «Per noi significa immaginare un percorso – ha aggiunto Maietta –. Una sanità che non può più essere del futuro ma deve essere dell’oggi».

Dal Rapporto Censis emerge, dunque, una fotografia lusinghiera della professione infermieristica, «il pivot di una buona sanità del futuro, in risposta ad una evoluta e complessa domanda sanitaria» scrive ancora il Censis.

 

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