La survey, promossa dall’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri, ha analizzato attraverso due questionari, come è cambiata la risposta organizzativa della specialità con l’emergenza sanitaria e il crescente bisogno di cura dei pazienti
L’infezione da Covid-19 ha coinvolto il 94% delle pneumologie. È ciò che emerge da due questionari, somministrati agli pneumologi, in due momenti diversi: il 24 febbraio, all’inizio dell’emergenza sanitaria, e il 24 marzo dall’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO-ITS).
L’Aipo, attraverso la survey, ha analizzato come è cambiata la risposta organizzativa della specialità di fronte ai crescenti bisogni di cura dei pazienti.
«I dati del primo questionario, inviato il 24 febbraio 2020 – spiega l’Aipo in una nota – dimostravano che ben il 44% delle pneumologie non era coinvolta a nessun titolo nei piani di emergenza o gestione aziendali COVID-19 e il 44% degli pneumologi potevano essere chiamati come consulenti nei reparti dove erano ricoverati i pazienti COVID-19, solitamente le infettivologie, o in Pronto Soccorso. Erano direttamente coinvolti nella gestione dei pazienti COVID-19 solo il 12% delle Unità Operative Complesse (UOC) ma si trattava di UOC con sub intensive respiratorie strutturate da tempo o UOC ad indirizzo infettivologico dotate di camere a pressione negativa».
LEGGI ANCHE: COVID-19, AIPO: «PNEUMOLOGIA ITALIANA ALLERTATA E PRONTA»
«Al 24 marzo – prosegue – la situazione è radicalmente cambiata. I reparti di pneumologia si sono organizzati per rispondere al meglio ai bisogni di cura dei pazienti mettendo in campo esperienza, professionalità e competenze. Ben 47 UOC sulle 68 UOC (70%) coinvolte nella gestione dell’emergenza hanno incrementato la disponibilità di posti letto pneumologici per i pazienti COVID-19 per un totale di circa 840 posti, vale a dire circa 17,8 in aggiunta per UOC. Il 52% delle UOC si sono riconvertite completamente in unità operative COVID-19 ampliando o attivando le aree di intervento di sub intensiva respiratoria. Ai fini del contenimento del contagio, è importante avere a disposizione strutture che consentano di differenziare i percorsi di cura fra pazienti COVID-19 e non COVID-19».
«Nel 30% dei casi – sottolinea l’Aipo – si tratta di UOC che dispongono di un significativo numero di posti letto istituzionali e spazi utilizzabili e sono collocate solitamente in aree del paese non investite nella primissima fase dell’epidemia, sono riuscite fino a fine marzo a mantenere una doppia funzione, mentre il 16% delle UOC mantengono una operatività pneumologica perché orientate ad attività super specialistiche, ad esempio oncologia, o nei piani aziendali o regionali sono state individuate come reparti COVID-19 free. I medici pneumologi che vi operano effettuano comunque attività di consulenza presso aree od ospedali COVID-19 quindi sono coinvolti nel trattamento di questi pazienti».
«Al 24 marzo – continua – erano 750 i pazienti ricoverati nei reparti di pneumologia con polmonite da COVID-19. Si tratta dei pazienti più gravi con insufficienza respiratoria. Infatti, ben 520 (72% delle polmoniti) dei pazienti con polmonite sono ventilati in maniera non invasiva e 112 in maniera invasiva nel setting assistenziale delle sub intensive respiratorie. Questo dato sottolinea il ruolo strategico della sub intensiva respiratoria dove possono essere ricoverati sia i pazienti in step down dalla rianimazione sia in step up da letti COVID-19 a bassa intensità in caso di aggravamento delle condizioni respiratorie. Si tratta quindi di posti letto “flessibili”, in grado di adattarsi al trattamento di pazienti con differenti livelli di gravità della malattia. Una peculiarità che assume una notevole importanza in situazioni di emergenza dove è fondamentale assicurare una risposta pronta e rapida».
LEGGI ANCHE: LA FASE 2 COMINCIA LENTA, DAL 4 MAGGIO MASCHERINE OBBLIGATORIE A PREZZO CALMIERATO E VISITE AI PARENTI CONCESSE
«Il paziente critico pneumologico è sempre un paziente complesso caratterizzato da importanti comorbilità cardio-respiratorie. Condizioni che si manifestano in una importante fetta di pazienti con polmonite da COVID-19 per le possibili complicanze di tipo trombo embolico a essa correlate. Diventa pertanto particolarmente utile in questa difficile contingenza, l’esperienza dello pneumologo acquisita nelle sub intensive respiratorie».
«In assenza di una terapia farmacologica antivirale di sicura efficacia contro il COVID-19 – evidenzia – il tempo di sopravvivenza aggiuntivo offerto al paziente con polmonite e grave insufficienza respiratoria, grazie al supporto della ventilazione non invasiva (NIV), è essenziale perché l’organismo possa sviluppare delle valide difese immunitarie che possano contrastare l’avanzata del virus».
«In questo momento critico – conclude – lo sforzo della pneumologia italiana e di AIPO-ITS, in particolare, è quello di poter mettere a disposizione, al più ampio numero di pazienti che ne necessitano, questa importante opportunità terapeutica. Alla luce di questi dati preliminari, AIPO – ITS intende impegnarsi affinché l’investimento di “risorse fin qui compiuto per rafforzare la rete di assistenza ospedaliera” non vada perduto».
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SANITÀ INFORMAZIONE PER RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO