Per gli operatori sanitari del Ssn sarebbe stato violato il sistema minimo di tutele della salute e della sicurezza dei lavoratori
L’Anaao Assomed ha depositato un ricorso alla Commissione Europea per avviare la procedura di infrazione contro lo Stato italiano, ritenendo che per gli operatori sanitari del servizio pubblico sia violato il sistema minimo di tutele della salute e della sicurezza dei lavoratori, previsto dalla Direttiva 2003/88 CE sull’orario di lavoro.
In particolare, l’Anaao Assomed contesta la norma introdotta dal Governo Berlusconi (L. 133/2008, articolo 31, comma 4) che esclude i lavoratori in servizio di reperibilità attiva dai benefici del riposo giornaliero di 11 ore consecutive nelle 24 ore. Le Aziende sanitarie hanno interpretato la legge nel senso che la chiamata in servizio del medico o sanitario durante la reperibilità sospende, e non interrompe, il riposo giornaliero.
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«Una tale applicazione della norma – si può leggere in una nota di Anaao – realizza, a nostro parere illegittimamente, un effetto contrario alla Direttiva Europea sul riposo giornaliero, che fa un preciso ed inequivocabile riferimento alla consecutività e congruità del riposo, e non alla sommatoria delle ore riposate nell’arco delle 24 ore, al fine di favorire il pieno recupero delle energie psico-fisiche fondamentale per garantire la sicurezza delle cure. Una esplicita esclusione riguarda solo le attività lavorative di per sè caratterizzate da una organizzazione frazionata, il che non è certamente il caso delle attività ospedaliere e sanitarie che si svolgono a ciclo continuo. Pure il nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dell’Area Sanità per il triennio 2016/2018, recentemente entrato in vigore, ha risentito di questa interpretazione nella disciplina dei turni di reperibilità attiva degli operatori, anche se le ricadute sono state attenuate attraverso la previsione di un riposo obbligatorio di 6 ore dopo il turno».
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Il Decreto Legislativo 66/2003 definisce riposo adeguato «il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari […] sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza, della fatica […] causino lesioni a se stessi, ad altri lavoratori o a terzi». La Corte di Giustizia della Comunità Europea ha, poi, statuito che il “periodo di riposo” è una nozione di diritto comunitario che non può essere interpretata in funzione delle prescrizioni delle varie normative degli Stati membri.
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