Fimmg: «Vanno omogeneizzati percorsi e procedure per garantire cittadini e operatori». Snami: «No alle nozze con i fichi secchi»
Inviata ai sindacati (Fimmg, Snami, Smi e Intesa Sindacale) la bozza del “Protocollo d’intesa tra il Governo, le Regioni e i sindacati” per le vaccinazioni anti-Covid dal medico di famiglia. Tra le altre cose, il testo prevede accordi regionali con cui definire quali vaccini somministrare e a chi somministrarli e il compenso che ogni camice bianco recepirà per la prestazione (6,16 euro ad inoculazione, che può essere aumentato fino al 50%). Il testo è ora allo studio dei vari sindacati ma le reazioni (anche piuttosto critiche) non si sono fatte attendere.
«Se lo Stato come coordinamento costante tra il Ministro della Salute, la struttura del Commissario e Regioni e Province autonome vuole realmente contrastare il diffondersi del contagio da Covid-19, dovrebbe avere una definita strategia di vaccinazione». È quanto afferma Angelo Testa, Presidente nazionale dello Snami (Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani) in merito alla bozza del protocollo.
«Al momento – si può leggere in una nota – la strategia di procedere alla vaccinazione della popolazione italiana nel più breve tempo possibile con il coinvolgimento attivo dei medici di medicina generale non esiste. Se il coinvolgimento reale e concreto dei Medici è il protocollo di intesa proposto dal governo al nostro sindacato, lo rimandiamo indietro direttamente al mittente».
«Come Snami – aggiunge Domenico Salvago, Vicepresidente nazionale – ribadiamo la necessità che ci sia fretta di vaccinare la popolazione, che ci sia un congruo finanziamento, che vengano coinvolte molteplici figure sanitarie» e che «la massa venga vaccinata in centri vaccinali organizzati nella componente amministrativa e segretariale, infermieristica e medica allargata a tutti i comparti della medicina».
Lo Snami manifesta inoltre la sua disponibilità a discutere (ad un tavolo «paritetico e costruttivo») un progetto «realistico e realizzabile, rispettoso della dignità dei Medici», non ritenendo accettabile «qualsiasi imposizione improvvisa “dall’alto”, tanto più se priva di possibile realistico sviluppo».
«Le tariffe dipendono dal modello organizzativo che viene proposto a livello locale e quindi vanno decise in quell’ambito. Il problema, piuttosto, è come omogeneizzare i percorsi e le procedure, in modo da garantire al meglio i cittadini e gli operatori». È quanto afferma all’Adnkronos Salute Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg). Per quanto riguarda la disponibilità alla vaccinazione, Scotti spiega che «la medicina generale non si è mai tirata indietro, tanto che, in questa fase di assenza di un’intesa nazionale, sono stati chiusi diversi accordi regionali come in Val D’Aosta, Piemonte, Emilia Romagna e diversi in altre Regioni». Si tratta di accordi «legati a premialità attraverso obiettivi, che sono collegati alla complessità organizzativa e alle necessità di vaccinazioni domiciliari. Percorsi adattati a modelli vaccinali locali».
Scotti poi lamenta il mancato ascolto sul personale di studio «perché è chiaro che ai medici serve il personale per partecipare autonomamente alla vaccinazione. Avevamo chiesto che si utilizzasse quanto previsto dalla Finanziaria per il personale della medicina generale, convogliando quel personale e finalizzandolo a questa operazione. Nel protocollo di intesa questo poteva essere un importante indirizzo che in qualche accordo regionale è stato già ripreso».
In generale, ha ribadito Scotti, «non accettiamo di parlare di tariffe in un protocollo d’intesa. Le tariffe sono dinamiche che rientrano negli accordi contrattuali. Un protocollo d’intesa non ha un valore di un accordo contrattuale. È impensabile fare un protocollo nazionale che possa condizionare accordi fatti al livello regionale».
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