La federazione spiega: «I nodi non sono nella possibilità di esercitare visite fuori dai propri turni ospedalieri, che invece supportano il flusso della domanda di prestazioni che arrivano ai CUP, ma nella mancanza di medici sufficienti nei turni e di investimenti in tecnologie sanitarie efficienti»
Pieno appoggio di CIMO-FESMED alla proposta di “sciopero dell’intramoenia” dell’OMCeO di Lecce per dimostrare come «l’attività dei medici in libera professione non sia minimamente connessa con il problema delle liste d’attesa e che criminalizzare i medici è solo un paravento per deviare l’attenzione e lo scontento da responsabilità politiche e inefficienze gestionali».
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«Sin dallo scorso novembre – scrive la federazione in una nota – abbiamo infatti invitato i medici pugliesi all’ “autosospensione dalla libera professione” per dimostrare polemicamente che il fermo di tali attività, che pur rappresentano una percentuale irrisoria dell’attività ambulatoriale erogata in una struttura ospedaliera, porterebbe ad ulteriori allungamenti delle liste di attesa».
«I nodi infatti – prosegue – non sono nella possibilità di esercitare visite fuori dai propri turni ospedalieri, che invece supportano il flusso della domanda di prestazioni che arrivano ai CUP, ma nella mancanza di medici sufficienti nei turni e in particolare di medici specializzati, oltre che di investimenti in tecnologie sanitarie efficienti. La storia vera è quella di una forte carenza di medici e assistenza di fronte alle richieste dei pazienti. Che peggiorerà se si blocca la libera professione».
«Il nostro invito dei mesi passati e la proposta dell’Omceo di Lecce – conclude CIMO-FESMED – ricordano al Governo e alle Regioni che siamo disposti anche da domani a un banco di prova. L’unico scrupolo che ci trattiene è la nostra responsabilità verso i pazienti, che vivrebbero un ulteriore peggioramento delle liste di attesa conseguente ad una strategia di governo – nazionale e regionale – sbagliata, pericolosa e incosciente. O forse cosciente di voler peggiorare a tal punto la sanità pubblica da renderla residuale rispetto a quella privata o convenzionata».