«Nel 2026-2027 si avranno 19.800 posti in specialità che non troveranno medici disponibili a occuparli. Reinvestire denaro per rendere la professione più appagante»
Dall’imbuto formativo all’imbuto post-formativo. Questo l’allarme lanciato dall’Anaao Assomed, «perché si continua a programmare senza coniugare l’esigenza di medici specialisti con le necessità dei territori». Il rischio quindi è di dover fronteggiare, nei prossimi cinque anni, un «paradosso economico-organizzativo non di poco conto».
«A fronte infatti di un aumento dei posti nella facoltà di medicina e chirurgia, che solo nell’ultimo biennio è aumentato del 21% – e che porterà (considerando un tasso di laurea del 92%) nel 2022 8.111 studenti a laurearsi, nel 2023 8684, nel 2024 9935, nel 2025 11449 e nel 2026 12468 studenti – i posti messi a bando per i prossimi anni nelle scuole di specializzazione dalla legge di bilancio 2022 sono 12.000», si legge in una nota del sindacato.
«A questi – prosegue – occorre aggiungere i posti per il corso di medicina generale che, stando alle ultime cifre e alle intenzioni del governo, dovrebbero confermarsi in 2000 per il triennio 2021-2024 e realisticamente almeno 1600 per i prossimi trienni, nell’ipotesi meno positiva».
«Secondo stime attendibili, e considerando un 10% di tolleranza in positivo fisiologico di posti, nel 2026-2027, si avranno 19.800 posti in specialità che non troveranno medici disponibili a occuparli. Queste stime non tengono conto della percentuale di abbandono o di posti che tutt’oggi restano non coperti, stimata intorno al 5-10% e in continuo aumento».
«Ancora una volta, quindi – denuncia Anaao Assomed -, siamo di fronte alla mancanza di programmazione, questa volta con dispendio di denaro, che non risolverà peraltro il problema di alcune carenze, in considerazione dell’esiguo numero di borse in branche in carenza ormai endemica come medicina d’urgenza e che non vengono comunque sfruttate per lo scarso appeal e per le condizioni di lavoro non soddisfacenti».
«Gli investimenti che oggi vengono destinati a posti che non verranno probabilmente mai occupati potrebbero essere invece utilizzati per migliorare le condizioni di lavoro ed economiche – propone il sindacato -. Sono infatti 2.056 i milioni che potrebbero essere reinvestiti per rendere la professione più appagante almeno dal punto di vista economico, soprattutto in quelle branche maggiormente soggette a usura o a rischi».
«Decisamente troppi considerando le esigenze di un sistema sanitario che necessita sì di medici specialisti e di medicina generale, ma necessita soprattutto di una profonda revisione paradigmatica della definizione di presa in carico del paziente. Una delle esigenze che potrebbe essere immediatamente risolta potrebbe essere quella del rischio biologico per tutti i medici che hanno prestato servizio durante il Covid-19 e che ogni giorno continuano a rischiare la propria vita senza le tutele elementari», conclude.
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