Lavoro e Professioni 5 Dicembre 2018 12:52

Legge di Bilancio, il duro giudizio dell’intersindacale medica: «Se promesse tradite, nuovi scioperi»

Dall’«emendamento beffa» sull’inclusione dell’indennità di esclusività nella massa salariale e la «precarizzazione di ritorno» causata dai contratti di lavoro autonomo, fino alla «criminalizzazione e militarizzazione dell’intramoenia», i sindacati di medici e dirigenti sanitari avvertono: «Il rimedio rischia di essere peggiore del male»

Legge di Bilancio, il duro giudizio dell’intersindacale medica: «Se promesse tradite, nuovi scioperi»

Il giorno dello sciopero di medici e dirigenti sanitari, il ministro della Salute Giulia Grillo aveva dichiarato di aver fatto «dei passi avanti sulla questione del contratto» che sarebbero stati resi noti nelle settimane successive. «Promesse ed impegni – scrivono oggi i sindacati – di Ministri e Regioni corsi al capezzale della sanità pubblica che, però, stentano di tradursi in fatti». Promesse «da non tradire – minaccia l’intersindacale – se si vogliono evitare nuovi scioperi più incisivi nelle prossime settimane».

È durissimo, infatti, il giudizio dei sindacati di categoria sulla discussione sulla Legge di Bilancio, che «procede senza che si intravveda il mantenimento degli impegni assunti con i medici, ed i cittadini, fin dal contratto di governo, un testo sacro per tutto ma non per il capitolo salute», scrivono in una nota. «Le richieste delle Organizzazioni sindacali della dirigenza medica e sanitaria appaiono perse nei meandri della burocrazia, degli incontri a due o a tre, nelle furbizie e negli opportunismi di vario genere e di varie parti».

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I «passi avanti» annunciati dal Ministro corrispondono con l’emendamento alla Legge di Bilancio che include l’indennità di esclusività nella massa salariale dal 1/1/2019. Un emendamento, a detta dei sindacati, che «rischia di tradursi in beffa se, dopo avere dimenticato il rinnovo contrattuale in corso, la sua decorrenza non viene chiaramente ancorata al triennio contrattuale 2019-2021, essendo alto il rischio di un effetto ritardato alla tornata contrattuale 2022/2024». Una Legge che, proseguono, «continua ad ignorare il recupero della dinamica contrattuale che coinvolge la RIA, forse la principale motivazione dello sciopero».

«In compenso – continua la nota -, prova a destrutturare lo stato giuridico dei professionisti del SSN, aprendo ai contratti privati con medici senza specializzazione e pensionati. Un inaccettabile processo di precarizzazione di ritorno, dopo aver giurato e spergiurato sulla sua scomparsa con il decreto “Dignità”, l’assunzione da parte di Regioni ed aziende di un ruolo di nuovo caporalato, che chiama al lavoro chi vuole ed al costo che vuole, alla faccia della retorica dell’appartenenza».

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Parlano anche della «criminalizzazione e militarizzazione dell’attività libero professionale intramoenia», i sindacati. L’obiettivo? «Poterla trasferire alla sanità privata, con l’intermediazione di fondi, mutue e assicurazioni, non avendo il coraggio di affrontare le vere cause delle liste d’attesa». Un istituto, quello dell’intramoenia, che «è il più regolamentato di tutta la pubblica amministrazione, attraverso tre leggi, tre contratti di lavoro nazionali, ventuno regolamenti regionali e centinaia aziendali. Per affossare un’attività che rappresenta un diritto dei medici e dirigenti sanitari e degli stessi cittadini, donne in particolare, cui garantisce la libera scelta di un professionista – prosegue la nota -, si mettono in campo carabinieri e guardia di finanza, come per le operazioni anti mafia».

«Il declino della sanità pubblica, sottoposta a continui e pesanti tagli che già peggiorano gli indicatori di salute, rischia di essere senza ritorno, se l’agenda politica del Governo non restituisce valore al suo capitale umano, oggi lasciato esposto alla delegittimazione sociale, alle aggressioni, a rischi legali sempre meno sostenibili a fronte di retribuzioni bloccate al 2010, alla incertezza del futuro per i giovani, al maltrattamento contrattuale. Continuare il gioco del cerino tra le istituzioni, vuol dire che le Regioni, con la complicità del Governo, non hanno alcuna intenzione di rinnovare il CCNL della dirigenza sanitaria, se non a condizioni che legittimino il saccheggio dei fondi contrattuali, e di onorare gli obblighi datoriali, se non nella logica dei padroni delle ferriere, giocando sulla pelle dei cittadini e dei medici, visto che i disagi non li sopportano certo gli assessori».

«Da parte nostra – concludono i sindacati -, rifiutiamo ogni ipotesi di scambio al massimo ribasso, figlia di una esegesi creativa di leggi e contratti, piegata alla volontà di coniugare il poco aggiunto a livello nazionale con il molto sottratto a livello aziendale, una mancia con un bottino».

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