I risultati dei primi Stati generali della formazione infermieristica presentati ad Arezzo, in occasione del 17° Forum Risk Management. La presidente Mangiacavalli: «Puntiamo a una formazione su due livelli: generalistico e specialistico. Per attrarre nuovi professionisti e gestire i pazienti con qualità»
Restyling di formazione universitaria e Ecm, diffusione dell’infermiere di famiglia e riorganizzazione dei servizi sanitari secondo criteri di qualità. Sono queste le principali richieste degli infermieri italiani emerse dai primi Stati generali della Professione Infermieristica, deliberati lo scorso 12 febbraio dalla FNOPI, la Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Infermieristica. Il risultato, sintetizzato in un Report da quattro gruppi di lavoro coordinati da consiglieri nazionali FNOPI e composti dai componenti degli ordini provinciali, è stato illustrato a rappresentanti di Governo e Parlamento ad Arezzo, in occasione del 17° Forum Risk Management in una sala gremita.
Il Report è frutto di nove mesi di lavoro, durante i quali gli oltre 460 mila infermieri iscritti all’Albo in Italia hanno avuto la possibilità di esprimere il proprio parere sul futuro della professione. Dal 28 marzo al 2 maggio 2022 è stata avviata una fase di ascolto di tutti gli iscritti che, attraverso una consultazione pubblica e trasparente, hanno potuto esprimere la propria posizione online sui temi più importanti e delicati per la professione, mediante la piattaforma informatica.
La presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli, ha tenuto a sottolineare come la valorizzazione della professione infermieristica passi per la specializzazione e per percorsi di formazione che vanno anche oltre la triennale. «Dai colleghi che hanno partecipato è emersa fortemente questa volontà – ha detto -. Ma è anche lo specchio della nostra professione attuale: in questi ultimi 20 anni il nostro lavoro ha subito un’evoluzione importante entrando in università con una laurea triennale. Fin da subito abbiamo avuto anche le lauree magistrali, che però hanno preso un orientamento volto ad organizzazione e management. Tuttavia, le necessità dei nostri assistiti sono molto varie e rischiamo che i tre anni di formazione possano essere carenti».
«Non possiamo neanche pensare di fare tre anni ancora più concentrati di quanto già non siano – ha continuato la Mangiacavalli -. Abbiamo bisogno di riposizionare una formazione su due livelli: uno generalistico, che è il cuore dell’infermieristica con la stabilizzazione all’esercizio professionale in tutti i setting assistenziali; e un livello più specialistico sulle aree ampie, quindi quelle che erano già previste dai nostri profili professionali. Come cure intensive, cure territoriali e infermieristiche di famiglia, area medica, chirurgica, area di salute mentale e area neonatale e pediatrica. Perché si possono connotare e approfondire delle competenze peculiari e specialistiche per dei bisogni particolari di assistenza infermieristica».
Un percorso che, secondo la presidente aiuterà anche ad attrarre nuovi giovani verso l’infermieristica, di cui ci sarà sempre più bisogno con la popolazione in costante invecchiamento. «Dobbiamo poi lavorare bene sull’innovazione dei modelli organizzativi ed assistenziali: abbiamo bisogno di uscire un po’ dal conservatorismo delle professioni sanitarie nel nostro Paese e anche delle Istituzioni. Abbiamo bisogno, oltre che a dirlo, anche ad agire per far sì che le professioni sanitarie lavorino in multiprofessionalità. Non è più pensabile ragionare con un professionista solista, ma è un lavoro di inter-professionalità che va sviluppato».
I cardini su cui si articolano le proposte avanzate dagli infermieri italiani possono essere suddivisi in cinque punti chiave. Innanzitutto, è richiesto che sia garantita una crescita professionale attraverso la revisione della formazione universitaria, non solo prevendendo specializzazioni accademiche, ma anche attraverso una laurea magistrale ad indirizzo clinico. Agli specialisti così formati dovrà essere garantita una collocazione nei servizi di competenza, con contratti adeguati anche economicamente.
Si chiede che questi stessi professionisti possano avere la possibilità di esercitare l’intramoenia, senza vincoli di esclusività sia per non penalizzare il rapporto pubblico-privato, ma anche per aumentare la disponibilità anche oltre il loro orario di lavoro. Con la seconda proposta avanzata, gli infermieri chiedono che siano previsti percorsi clinici, un aumento delle responsabilità e modelli di presa in carico personalizzata. Gli infermieri vorrebbero che gli venga riconosciuto il ruolo di esperti nelle équipe multiprofessionali, con capacità manageriali di gestione economico-finanziaria e responsabilità per la sicurezza dell’assistito.
Altro cardine del Report emerso dagli Stati Generali è l’affermazione dell’infermiere di famiglia, una figura professionale in grado di garantire la continuità ospedale-territorio. Un cambiamento che richiede anche un parallelo e reale sviluppo della sanità digitale. Quarta proposta avanzata è l‘aggiornamento professionale continuo, mirato agli obiettivi specifici previsti dalla formazione specialistica e alle necessità dell’organizzazione, con una valorizzazione dei professionisti che mantengono costante l’aggiornamento. Infine, la riorganizzazione dei servizi secondo criteri di qualità, che mettano gli infermieri specialisti nelle condizioni di poter gestire una filiera di operatori intermedi. In sostanza, la professione infermieristica deve crescere e differenziarsi per responsabilità, competenze e percorsi di carriera e gli infermieri devono essere i responsabili della formazione delle figure che li supportano secondo le necessità di un quadro di riferimento nazionale, con estrema chiarezza di ruoli e in base all’organizzazione che gli stessi infermieri programmano.
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