Il segretario regionale Paola Pedrini: «Inascoltati da tempo, i contagi vanno fermati sul nascere nel rapporto con i pazienti. A Bergamo malati più di 100 medici su 600»
Pugno duro del segretario regionale della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) Lombardia: Paola Pedrini ha inviato una lettera di diffida e messa in mora alle istituzioni, a cominciare da Regione Lombardia e ATS (Aziende territoriali della salute) affinché provvedano entro 72 ore alla fornitura di kit di protezione completa a tutti i medici di base e agli operatori sanitari sul territorio, che venga fatto loro il tampone e che siano concordate le modalità di arruolamento dei professionisti, dell’organizzazione e dell’operatività delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale perché – si legge nel documento – «i medici non opereranno e non potranno proseguire senza idonei dispositivi di protezione e senza protocolli predefiniti».
LEGGI LA DIFFIDA DI FIMMG LOMBARDIA
Segretario, come mai questa diffida da FIMMG Lombardia?
«Siamo inascoltati da tempo, neppure in questo momento di pandemia riescono a capire che il territorio è il primo filtro verso gli ospedali. Perciò benissimo la rincorsa ai respiratori e alle terapie intensive, ma se non si limita la contagiosità sul territorio gli ospedali verranno travolti».
Un grido d’allarme per tutelare i medici di base prima di tutto…
«Per garantire la massima operatività degli ospedali occorre prima di tutto tutelare il territorio. Quindi i medici di famiglia e tutti gli altri operatori sanitari devono essere forniti di dispositivi adatti a proteggere innanzitutto l’uomo e poi il professionista dal diffondere a tutti i suoi pazienti la malattia».
Lei ad oggi ha un quadro di quanti sono i medici lombardi contagiati?
«Solo su Bergamo, la mia città, sono malati più di 100 medici su 600 professionisti. Una percentuale molto alta, ma solo il 10-12% dei camici bianchi ha fatto il tampone. Questo perché il tampone viene fatto solo ad alcuni sintomatici gravi, non a tutti, e questo è un limite che deve essere superato. Per questo l’altra richiesta è di estenderlo a tutti i medici di base, agli operatori sanitari e al personale amministrativo che lavora con noi».
Per la protezione mancano le mascherine o anche altro?
«Sono arrivate poche mascherine chirurgiche e alcuni guanti, ma il kit completo comprende occhiali o visiera integrale, copricapo, tute integrali o sovra camici e copri scarpe. Mancano del tutto le mascherine con il filtro».
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Oggi com’è la situazione a Bergamo?
«I numeri ufficiali sono pesanti, ma la contagiosità è almeno cinque volte di più. Solo che non abbiamo questi dati perché i tamponi vengono fatti solo a chi ha un’insufficienza respiratoria. Quindi il problema continuerà a dilagare. Vanno benissimo queste misure di contenimento, ma andavano adottate prima».
A rischiare molto come sottolinea nella sua lettera sono medici di medicina generale, operatori sanitari e unità di crisi che vanno sul territorio per gestire i pazienti Covid-19 conclamati. Le sue richieste hanno ancora più peso dal momento che avete subito nei giorni scorsi anche la perdita di un operatore del 118…
«Siamo sempre a rischio anche perché sottoposti a uno stress fisico e psicologico importante, perdere l’attenzione sulle protezioni in queste condizioni è davvero un attimo. Ci stiamo dedicando solo al lavoro, ci manteniamo a distanza anche dai nostri familiari e di sicuro il commento circolato nei giorni scorsi, secondo cui l’operatore si sarebbe contagiato fuori dal contesto lavorativo, è fuori luogo».
Se a questa diffida non dovesse seguire risposta positiva, o comunque arrivasse una risposta non soddisfacente, quale potrebbe essere la vostra posizione?
«Noi continueremo a lavorare come stiamo facendo ora, però se cadranno nel nulla le nostre rivendicazioni aumenteranno senza dubbio i medici contagiati e aumenterà il rischio per la loro stessa vita. Quindi, qualora ciò si verificasse, valuteremo come comportarci per rispetto dei colleghi che si sono già ammalati, che si ammaleranno o peggio ancora che dovessero perdere la vita».
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