«Gli specialisti ambulatoriali lavorano nelle aziende sanitarie pubbliche per 20 ore settimanali. Chiediamo di raggiungere le 38 ore previste dal vigente Accordo collettivo nazionale che prevede anche le visite a domicilio, soprattutto per i pazienti fragili»
Il Covid-19 continua a dettare l’agenda politica, sanitaria ed economica dell’Italia: il numero dei contagi sale vertiginosamente ogni giorno e le reti ospedaliere dei servizi sanitari regionali cominciano ad organizzare i posti letto per gestire l’emergenza. Tutte le misure del Governo sono chiaramente dirette a contenere la seconda ondata dell’epidemia e questo, spesso, significa che le strutture che non possono assicurare doppi percorsi chiudono ai pazienti normali e ai malati cronici, che potranno andare in ospedale solo per controlli gravi e urgenti.
A lanciare l’allarme il segretario nazionale del Sumai Assoprof, Antonio Magi che ha delineato il seguente scenario a Sanità Informazione: «Molti reparti ospedalieri chiudono in maniera importante, nel senso che non accettano più pazienti non Covid; i medici di famiglia sono oberati di lavoro perché devono occuparsi dei tamponi, dei vaccini antinfluenzali oltre alle normali attività quotidiane. Questo quadro – evidenzia – in cui Ospedali e Mmg sono impegnati a contrastare con ogni sforzo possibile la pandemia, comporta un serio problema: i malati cronici passano in secondo piano, non vengono visitati dal loro medico specialista, dal cardiologo o diabetologo e, spesso, rinunciano alle cure». Nei mesi passati, infatti, i cronici, impauriti da possibili contagi, hanno evitato di recarsi negli ospedali nonostante gli ambulatori territoriali fossero chiusi o a regime ridotto.
Un grave errore, che non deve ripetersi: «Tra maggio e giugno – continua Magi – abbiamo “scoperto” che lo stop delle visite specialistiche aveva comportato un’esplosione delle liste d’attesa già fuori controllo. Le visite specialistiche ambulatoriali prenotate e saltate sono state circa 14 milioni – precisa -, 12 milioni gli esami di diagnostica per immagini non effettuati. La curva dei decessi, drammaticamente aumentata, ci conferma questo dato» commenta rammaricato.
La soluzione, per gli specialisti ambulatoriali del Sumai Assoprof, è solo una: potenziare l’attività specialistica sul territorio per sopperire alle eventuali carenze che, inevitabilmente, subiranno i cronici. Come fare? Aumentando il numero di ore di attività. «Oggi gli specialisti ambulatoriali lavorano nelle aziende sanitarie pubbliche per 20 ore settimanali. Chiediamo di raggiungere le 38 ore previste dal vigente Accordo collettivo nazionale che prevede anche le visite a domicilio soprattutto per i pazienti fragili».
«Si, Roma mi preoccupa – ammette Magi, che è anche presidente dell’Ordine dei medici della Capitale -. Non ci sono sufficienti posti letto negli ospedali. Proprio per recuperare quelle prestazioni specialistiche, gli ospedali avevano ripreso le normali attività ma ora faticano a sistemare i pazienti, con altre patologie, che arrivano in pronto soccorso. Oltre ad aumentare i reparti Covid, sarebbe utile creare delle strutture intermedie, anche gli alberghi chiusi, con medici, infermieri e specialisti per occuparsi dei pazienti non Covid e lasciare posto ai malati più gravi negli ospedali» conclude.
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