Intanto scoppia il ‘caos estate’: “I sostituti sono introvabili e c’è chi va in pensione anticipata per concedersi le ferie”
“Entro il 2026 saranno 15 milioni gli italiani senza un medico di famiglia. Oppure, ogni medico di medicina generale si troverà ad assistere fino a 2.500 pazienti. In entrambi i casi la situazione sarebbe ingestibile”. Ad offrire una proiezione di ciò che, molto verosimilmente, potrebbe accadere nel giro di un paio di anni, senza un decisivo cambio di rotta, in un’intervista a Sanità Informazione, è Silvestro Scotti, segretario generale della Fimmg, la Federazione italiana dei medici di medicina generale. Una situazione di vero caos con la quale i cittadini potrebbero cominciare a familiarizzare già nei prossimi giorni, tra la fine del mese di luglio e l’inizio di agosto, giorni in cui, di consueto iniziano le ferie per la stragrande maggioranza degli italiani, medici compresi. “Per i medici di famiglia attualmente in servizio trovare un sostituto per godersi qualche giorno di meritato riposo è praticamente impossibile – assicura Scotti -. Se i medici di medicina generale attualmente abilitati non riescono a coprire l’ordinario fabbisogno, figuriamoci richieste extra come quelle di sostituzioni estive”.
E, allora, cosa c’è da aspettarsi: inusuali cartelli di chiusura per ferie o medici di medicina generale che, esausti, continuano a lavorare, senza concedersi nemmeno un giorno di riposo? “In un quadro di carenza cronica di camici bianchi del territorio, con il 30% di professionisti in meno rispetto alle necessità e circa quattro milioni di italiani senza un proprio dottore di riferimento, trovare una sostituzione estiva per andare in ferie è una vera impresa. Molti medici si sostituiscono tra loro, aumentando ulteriormente il carico di lavoro individuale che, soprattutto al Nord, già sfiora i limiti massimi. Considerando il delicato momento epidemiologico che stiamo attraversando, tra l’ondata estiva di Covid, le gastroenteriti e i malesseri da caldo, la gestione non è affatto semplice. Ed a rimetterci non sono solo i medici, sofferenti per il sovraccarico di lavoro, ma anche i pazienti costretti ad attaccarsi al telefono per prendere la linea e chiedere un consulto o ad accettare lunghe attese per una visita presso lo studio medico”.
Per avere un’idea più chiara della situazione proviamo a fare due conti: ogni medico di medicina generale può avere fino a 1.500 pazienti, che diventano 3mila nei giorni in cui sostituisce anche un solo collega in ferie. Seppure volesse visitarne solo la metà, considerando che per ogni consulto non possono essere impiegati meno di sei minuti, quanti giorni ininterrotti di lavoro ci vorrebbero? Prendiamo la calcolatrice. Lavorando senza avere nemmeno un secondo di pausa per otto ore al giorno, per cinque giorni alla settimana, ci vorrebbero quasi quattro settimane (per la precisione 3,75). Ovviamente, ipotizzare che un medico possa visitare 48 pazienti in un giorno è più che utopico. Ma questo semplice calcolo dimostra che, pure nell’utopia, una persona dovrebbe attendere quasi quattro settimane per ottenere un veloce appuntamento, di massimo sei minuti appunto, con il suo medico di famiglia o il suo sostituto. E se non è nelle condizioni di poter aspettare tutto questo tempo? “In questi casi, per molti, soprattutto per coloro che non possono permettersi di pagare una visita intramoenia, il pronto soccorso è l’unica soluzione”. Ed ancora una volta le ipotesi sono supportate dai numeri: “Non è un caso che, come emerso dall’ultimo Report Agenas, l’Emilia Romagna, una delle Regioni con il maggior numero di medici di famiglia ‘massimalisti’, sia anche la Regione con il maggior numero di accessi al pronto soccorso”, sottolinea Scotti.
Di fronte ad una condizione di lavoro chiaramente insostenibile i medici di medicina generale prossimi alla pensione hanno deciso di anticiparla: “Molti dei colleghi che sarebbero dovuti andare in pensione a settembre, hanno anticipato il pensionamento a giugno o luglio, evitando così di avventurarsi in una vana ricerca di sostituzione”, continua il segretario generale della Fimmg. Tuttavia, non basterà superare l’estate per dichiarare di essere fuori pericolo. “Nelle Regioni del Nord la maggior parte dei medici di medicina generale ha raggiunto il massimale di pazienti consentito, ovvero 1.500. Al Sud, la situazione è leggermente migliore: si va dai mille ai 1.300 pazienti. Solo il Lazio resta, almeno per il momento, al di sotto di queste cifre. Anche se – dice Scotti – di questo passo, nel giro di un paio di anni raggiungeranno il massimale i medici di medicina generale di tutta Italia”. Ma attenzione a non farsi ingannare dai numeri: “Va considerata anche la ‘geografia’, ovvero dove vivono i pazienti di un medico di medicina generale. Possono anche essere ‘solo’ mille i pazienti di un determinato medico di famiglia, ma se sono dislocati in tre piccoli paesi distanti molti chilometri tra loro, la situazione non è certo migliore di quella vissuta da un medico di famiglia ‘massimalista’ che lavora in un grande quartiere di una metropoli. A ciò si aggiunge che nei piccoli centri, professionalmente poco appetibili, sarà difficile sostituire i medici pensionati con nuove leve“, dice il segretario generale della Fimmg.
E, come se non bastasse, gli attuali turn over sono già deficitari in partenza. “Solo per fare un esempio, quello della Campania, la Regione in cui lavoro – racconta Scotti – sono 400 le domande presentate per 440 posti disponibili. Ad una carenza di partenza di 40 medici di medicina generale, al termine delle assegnazioni, dovremmo aggiungere i rinunciatari, ovvero coloro che pur di non lavorare in luoghi che ritengono poco adeguati alle proprie esigenze, come ad esempio il piccolo paese, preferiranno aspettare il bando dell’anno successivo. Alla fine dei conti, solo in Campania per il prossimo anno, conteremo una carenza di almeno 100-150 medici di famiglia. Numeri che in altre Regioni si raddoppiano ed oltre”.
Ma cos’è che rende così poco desiderata la professione di medico di medicina generale? “Siamo schiavi della burocrazia, di un sistema informatico che, anziché semplificare e velocizzare il lavoro, lo rallenta e, soprattutto, lo ostacola. Contemporaneamente, la popolazione invecchia e oltre la metà dei nostri pazienti è over 60, molti dei quali sono malati cronici e, come tali, necessitano di assistenza e cura constanti. Una situazione che, evidentemente, un medico da solo non può più gestire. Per questo, torno ad avanzare la mia proposta di creare, all’interno di ogni studio di medicina generale, un micro team composto, oltre che dal medico di famiglia, anche da un impiegato con ruolo amministrativo e un professionista sanitario, auspicabilmente infermiere. Ecco, questo potrebbe essere un primo passo verso un reale cambio di rotta, senza il quale – continua Scotti – il rischio che nel giro di due anni 15 milioni di italiani si trovino senza un medico di famiglia è davvero concreto”.
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