Lavoro e Professioni 23 Gennaio 2024 12:59

Medici e infermieri dicono “NO” all’abolizione del numero chiuso

“L’abolizione del numero programmato per l’accesso ai corsi di studio non porterebbe benefici in termini di maggior accesso ma, al contrario, contribuirebbe a un decadimento della qualità professionale e di conseguenza sulla sicurezza delle competenze erogate ai cittadini”

Medici e infermieri dicono “NO” all’abolizione del numero chiuso

Sì a una “riforma complessiva del sistema di accesso alla facoltà di Medicina, che concorra a sostenere il Servizio sanitario nazionale attraverso una programmazione adeguata ed efficace dei fabbisogni”. No, invece, a un’abolizione, senza correttivi, del numero chiuso. E questo per tre motivi: per prevenire la formazione di un nuovo imbuto formativo, il collo di bottiglia tra la laurea e la specializzazione che “teneva fermi un giro” – un giro lungo anche anni – i medici in attesa di poter accedere alla specializzazione. Per evitare una nuova pletora medica, con conseguente inoccupazione e disoccupazione, oltre che spreco di risorse pubbliche. E, infine, per preservare la qualità della formazione, che si abbatterebbe se le università dovessero accogliere un numero di studenti troppo grande.

È questa la posizione della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, in merito ai Disegni di Legge A.S. 915, 916 e 942 sull’accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia. A esprimerla, questa mattina in audizione al Senato, di fronte alla Commissione Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport, il Presidente, Filippo Anelli.

“La sentenza del Tar Lazio n. 863 del 17 gennaio 2024 – ha premesso Anelli – dimostra in maniera inequivocabile che è necessario modificare il meccanismo d’accesso a Medicina”.

La FNOMCeO concorda dunque “sull’opportunità di una modifica dei test di ingresso alla facoltà che garantisca meccanismi di accesso trasparenti e di un’azione riformatrice che valorizzi la preparazione degli studenti e l’orientamento alla formazione”.

“Condividiamo – ha aggiunto Anelli – l’idea del Ministro Anna Maria Bernini di modificare il meccanismo dei test di accesso e quella di attingere le domande da una banca dati pubblica, in maniera che i candidati possano prepararsi. Anzi, ci rendiamo sin da ora disponibili, come FNOMCeO, per collaborare alla stesura dei quesiti”.

Siamo d’accordo anche – ha proseguito – sull’importanza di un percorso di orientamento e formazione. Crediamo anzi che tale percorso non debba essere delegato solo all’Università, ma debba partire sin dalle scuole superiori. A questo proposito, siamo pronti a mettere a disposizione l’esperienza, portata avanti insieme al ministero dell’Istruzione, sin dal 2017, dei Licei con “Biologia a curvatura biomedica”, che potrebbe essere un valido modello per la riforma cui sta pensando il Ministro Bernini. Insieme al ministero dell’Istruzione abbiamo già attivato un percorso di orientamento professionale verso le facoltà di Medicina, una sperimentazione in molti licei italiani che sta dando buoni risultati. Questa potrebbe essere una via: consentire che i ragazzi possano prepararsi, sin dagli ultimi anni delle superiori, su un programma preciso, in modo da poterli poi valutare su ciò che hanno studiato, tenendo conto in questa valutazione anche dei crediti acquisiti in questo percorso. Questo peraltro permetterebbe ai giovani di capire se sono veramente tagliati per la facoltà di Medicina, e quindi di scegliere consapevolmente senza sprecare poi il primo anno di università”.

Nei Licei con “Biologia a curvatura biomedica”, infatti, ci si avvicina al mondo della medicina, con lezioni frontali ed esperienze sul campo, già dagli ultimi tre anni delle superiori. Un percorso formativo, dunque, che consente ai ragazzi di autovalutare, innanzitutto, le proprie motivazioni e inclinazioni ma anche di potenziare le proprie competenze per affrontare positivamente i test di accesso alla facoltà di medicina, che superano con una percentuale di uno su due, mentre la media nazionale è di uno su sette.

Sulla proposta dell’abolizione del numero chiuso per la facoltà di medicina contenuta nei disegni di legge in esame – ha ribadito Anelli – la FNOMCeO ritiene che sia imprescindibile mettere in atto una corretta programmazione sui fabbisogni di specialisti e medici di medicina generale. Noi dieci anni fa come Federazione chiedevamo al governo di aumentare i posti a Medicina, perché eravamo consapevoli che, nel 2024, molti più medici sarebbero andati in pensione rispetto al numero degli ingressi a medicina. Oggi invece siamo a fare un discorso inverso. il numero degli accessi a medicina è esorbitante, perché fra dieci anni andranno in pensione solo 7.000 medici mentre oggi abbiamo consentito l’accesso a quasi 20.000 iscritti a medicina. Quindi programmare in maniera adeguata, soprattutto tenendo conto del fabbisogno di medici, è la via migliore per dare una risposta al sistema, ma soprattutto non illudere i giovani”.

Occorre dunque lavorare – ha chiosato – su una corretta programmazione che parta dai dati sui pensionamenti e sui fabbisogni di specialisti e medici di medicina generale da qui a dieci anni.  Se si vogliono formare più medici dobbiamo essere consapevoli che dobbiamo garantire loro, dopo la laurea, la formazione specialistica e poi assicurargli un’occupazione. Abbiamo già vissuto il dramma di tanti giovani e delle loro famiglie quando al numero dei laureati non corrispondeva uno stesso numero di borse di specializzazione e di medicina generale. Questo fenomeno l’abbiamo chiamato imbuto formativo. Noi vorremmo che questo fenomeno non si verificasse più; per questo proponiamo che una legge definisca che ad ogni laurea corrisponda una borsa di specializzazione o di medicina generale. Poi, una volta formati, specialisti e medici di famiglia, si devono creare le condizioni e le opportunità per una adeguata occupazione. Per questa ragione chiediamo l’abolizione del tetto di spesa per l’assunzione del personale oggi ancora fermo a quanto speso nel lontano 2004”.

Inoltre – ha aggiunto ancora il Presidente FNOMCeO – è necessario equiparare i compensi ossia l’entità della borsa per la partecipazione al corso di formazione specifica in medicina generale (mediamente €. 800 al mese) a quello di coloro che frequentano un corso di specializzazione, la cui remunerazione è il doppio di quello dei medici che frequentano il corso di medicina generale. Anche questo è uno dei motivi per cui oggi formarsi per fare il medico di famiglia risulta poco attrattivo”.

“Oggi non mancano i medici intesi come laureati in medicina e chirurgia – ha avvertito ancora Anelli – ma mancano i medici specialisti, soprattutto in alcune branche, e i medici di medicina generale. In Italia, secondo l’Ocse, abbiamo quattro medici ogni mille cittadini e siamo quindi al di sopra della media europea. Da tempo avevamo preannunciato l’arrivo della gobba pensionistica che non è stata neutralizzata da una idonea programmazione. Oggi è venuta meno l’attrattività del Servizio Sanitario Nazionale e della medicina del territorio.  La carenza dei medici specialisti, come evidenziato dalle Organizzazione sindacali, dovrebbe però essere superata nei prossimi due anni quando l’aumento delle borse di specializzazione adottato nel 2019 produrrà i suoi effetti, mettendo a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale circa 40mila medici specialisti”.

“Oggi per quanto riguarda i medici – ha spiegato – l’aumento delle borse di specializzazione e quello dei posti disponibili presso le Scuole di Medicina e Chirurgia hanno permesso di assicurare al Servizio Sanitario Nazionale un approvvigionamento di medici sufficiente a coprire il suo fabbisogno di medio termine. A fronte dei 113.000 pensionamenti previsti, infatti, dal 2021 al 2030 si stimano 145.000 nuovi iscritti a Medicina, determinando quindi un aumento complessivo di 32.000 unità nei prossimi anni al lordo delle dimissioni volontarie, comunque potenzialmente atto a colmare l’attuale carenza di specialisti e medici di medicina generale, che si aggira intorno alle 20-25mila unità. Questi dati trovano conferma in un approfondimento di AGENAS per cui, al 2026, il numero dei soli nuovi specialisti nel Servizio Sanitario Nazionale si stima sarà pari a 39.244, circa 10.000 unità in più rispetto al numero di pensionati e in numero superiore anche tenendo in considerazione i dati delle dimissioni volontarie. Nel computo dei fabbisogni bisognerà poi tener conto del numero dei medici che ogni anno, per scarsa attrattività del nostro SSN, emigrano all’estero. Un fenomeno in forte crescita e che potrebbe incidere in maniera decisiva sul calcolo del fabbisogno dei sanitari”.

“Non possiamo in definitiva non evidenziare – ha esplicitato – le nostre perplessità in merito all’abolizione tout court del numero chiuso. Il rischio sarebbe quello di un nuovo imbuto formativo, che non permetterebbe progressioni di carriera e certezze nell’assunzione, dal momento che in assenza di un titolo specialistico, si è “condannati” a non partecipare ai concorsi pubblici. Anche pensando di aumentare di pari passo le borse, il rischio sarebbe quello di un imbuto lavorativo. Senza contare le difficoltà organizzative, strutturali e anche economiche delle nostre facoltà, che oggi non sono pronte ad accogliere una tale massa di matricole. Siamo contrari anche allo slittamento dello sbarramento dopo il primo anno, misura che non farebbe altro che illudere i giovani”.

“Abbiamo accettato – ha concluso – l’idea del Ministro Bernini di un’apertura sostenibile; ma questa, per essere veramente tale, non può tradursi in un’abolizione del numero chiuso, prescindendo da una corretta programmazione dei fabbisogni di medici. Altrimenti si rischia di creare una pletora di medici disoccupati che non corrispondono alle reali necessità del Servizio Sanitario Nazionale e che dovranno per forza di cose cercare lavoro all’estero, o rimanere inoccupati. Anche su questo la FNOMCeO, coinvolgendo ovviamente la Direzione generale delle professioni sanitarie del Ministero della Salute, è, come sempre, pronta a fare la propria parte”.

La posizione degli Infermieri

“L’abolizione del numero programmato per l’accesso ai corsi di studio non porterebbe benefici in termini di maggior accesso ma, al contrario, contribuirebbe a un decadimento della qualità professionale e di conseguenza sulla sicurezza delle competenze erogate ai cittadini in un sistema formativo già in difficoltà”. Lo ha detto dal canto suo  la segretaria nazionale della FNOPI, Beatrice Mazzoleni , durante l’audizione nella 7° Commissione del Senato, nell’ambito dell’esame dei disegni di legge che trattato il tema dell’abolizione del numero programmato per i corsi di studio in Infermieristica e in Medicina e Chirurgia.

“L’apertura incondizionata del sistema che prevede la definizione dei posti in formazione, correlato alla definizione dei fabbisogni del Sistema sanitario nazionale, avrebbe effetti deleteri da più punti di vista- ha spiegato Mazzoleni-. Prima di tutto, inficerebbe il concetto di merito e lo stimolo verso i giovani a comprendere la rilevanza di queste professioni, che proprio per la loro peculiarità devono prevedere meccanismi selettivi. Inoltre si rischierebbe di rendere la professione infermieristica meno attraente, stante che una parte di studenti vi accetta con le aspettative iniziali forti su Medicina. Questa porzione di candidati che accedono a Infermieristica per non aver superato la selezione ad altri corsi di studi verrebbe meno, creando ulteriore calo di domande. Questo squilibrio potrebbe ulteriormente avvenire tra altre professioni particolarmente attraenti, aumentando così un disequilibrio di competenze del mondo della salute con un “avanzo” di alcune professionalità e una “scomparsa” di altre”.

Per la FNOPI, dunque, l’abolizione del numero programmato per l’accesso ai corsi di studio “potrebbe creare gravi disequilibri nell’ambito formativo accademico con conseguente impatto sulla qualità formativa dei professionisti responsabili della cura, assistenza, riabilitazione e prevenzione della popolazione italiana e quindi della sicurezza delle competenze erogate ai cittadini del nostro Paese”.

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