Chi prende il posto degli operatori sanitari non vaccinati che vengono sospesi in questi giorni? Da Nursing Up un messaggio critico verso il carico aumentato sui colleghi rimasti a lavoro, da CIMO la certezza sui numeri ancora bassi
L’estate è stata tante cose per la campagna vaccinale italiana: il momento in cui si è superato il 70% di popolazione vaccinata, ma anche quello delle proteste no vax e delle prime effettive sospensioni di operatori sanitari che non hanno risposto all’obbligo vaccinale. Quello imposto dal decreto legge 44 del 1 aprile 2021, convertito nella legge n. 76/2021, che stabiliva che medici, professionisti sanitari e altri operatori dovessero ottemperare alla vaccinazione anti-Covid per proteggere sé stessi, i propri pazienti fragili e garantire il funzionamento del Sistema sanitario nazionale.
Non tutti i professionisti, come ci si poteva aspettare, hanno però aderito all’obbligo con lo stesso trasporto. Se per molti il vaccino è stato la chiave di volta per tornare a lavorare in sicurezza, da altri è stato percepito come un’imposizione “ingiusta”. Questi pochi sono stati segnalati dalle Asl competenti agli Ordini di appartenenza e, di fronte alla mancanza di una giustificazione o di una ricollocazione non a contatto con il pubblico, destinati all’iter di sospensione dal proprio lavoro. Nell’ultimo mese i provvedimenti sono stati resi effettivi e i primi operatori sanitari sono rimasti a casa (fino al 31 dicembre). A sostituirli sono rimasti gli altri, i vaccinati, i cui turni sono diventati più lunghi e stancanti.
Sanità Informazione si è rivolta ai sindacati CIMO (Coordinamento italiano medici ospedalieri) e Nursing Up (Sindacato infermieri italiani) per capire l’estensione di questo fenomeno e le soluzioni finora adottate. Ne abbiamo discusso con Giovanni Leoni, segretario CIMO Veneto e vicepresidente FNOMCeO, e Antonio De Palma, presidente Nursing Up.
Entrambi si sono mostrati concordi nel disegnare un quadro rassicurante: i numeri delle sospensioni sono ancora piuttosto bassi sebbene i procedimenti siano ancora in corso. Molti, dopo un primo avviso, provvedono di loro sponte a vaccinarsi e dunque le cifre oscillano giorno dopo giorno. Il dottor Leoni ci parla di meno di 20 sospensioni per ora giunte all’Ordine di Venezia, di cui è presidente: «Li ho chiamati – ci spiega -. Ci ho parlato per capire le loro motivazioni: alcuni sono stati anche recuperati e giustificati, mentre alcune persone pensionate con attività ridotta hanno negato totalmente la possibilità di vaccinarsi. Si sono trincerati dentro una non volontà senza specificare le motivazioni. Esiste anche tra i medici questa leggenda che vorrebbe il vaccino come un farmaco sperimentale, un’informazione fasulla che è riuscita a convincere qualcuno».
Anche tra i medici, a fare un’analisi demografica, sembrano essere i più anziani quelli più diffidenti verso la vaccinazione. Ce lo conferma Leoni, che ammette di non aver dovuto contattare persone sotto la mezza età per avvisare della sospensione. Una considerazione che si specchia con quella già fatta dal presidente del Consiglio Mario Draghi, che nella sua più recente conferenza stampa ha ringraziato i giovani per essere stati la categoria che ha risposto con più entusiasmo e fiducia alla campagna vaccinale.
Anche se pochi, tuttavia, è stato necessario sostituire questi medici sospesi. Nella maggior parte dei casi, avverte Leoni, è stato fatto senza troppi problemi: «A livello ospedaliero problemi non ne abbiamo avuti, sui giornali ci sono stati due casi di medici di medicina generale che sono stati sostituiti rapidamente. Come prima impressione, mi sembra che ci troviamo di fronte una situazione che somiglia alle manifestazioni contro il green pass, che si sono rivelate un flop. Tanto rumore per nulla, alla fine i numeri sono esigui. Non ci sono drammi nella categoria medica né in quella degli odontoiatri», aggiunge.
A CIMO non sono arrivate rimostranze, né dai sospesi né dai loro sostituti, insiste Leoni. Il sindacato sull’obbligo vaccinale si esprime favorevolmente. «È una necessità avere una sicurezza sugli operatori sanitari che hanno rapporti con il pubblico – conclude -. A me sembra una soluzione altamente logica. Tutti questi discorsi sull’obbligo sono per me altamente sterili perché la verità dei vaccini è scritta dalla storia della medicina e dai miglioramenti degli ultimi mesi. Dobbiamo superare questa pandemia in una maniera o in un’altra: l’obbligo deve essere esteso a tutta la pubblica amministrazione. Chi non rispetta questa legge deve fare un altro mestiere, la posta in palio è un obbiettivo troppo importante per tutti noi».
Anche il presidente De Palma ci aiuta a delineare una panoramica di una situazione che definisce «fluida e in continuo aggiornamento». Si parla di 2525 atti di accertamento pre-sospensione in Lombardia, con l’emblematico caso del bresciano in cui 100 sospensioni dovevano essere solo di infermieri. Sono circa 400 i casi di operatori sanitari sospesi nel Lazio, a Viterbo 16 gli infermieri.
«Nel Lazio e in Lombardia registriamo i disagi più grandi – osserva il presidente Nursing Up -. In Campania molte istruttorie sono ancora aperte e in qualche modo le amministrazioni sono state costrette a organizzarsi in maniera tale da garantire i servizi, ma ancora non ci sono dei provvedimenti di sospensione di massa. In Emilia-Romagna le sospensioni le stanno facendo in reparti che erano già carenti di organico: alcune sostituzioni avvengono là per là con persone che non avevano mai operato nei reparti in cui è venuto meno il sospeso. Questo crea dei gravi disservizi perché sappiamo che qui si parla di professionisti sanitari ed entrare ex novo in un reparto non permette di partire nella pienezza dell’esercizio delle proprie funzioni perché si ha bisogno di un periodo iniziale di affiancamento».
Un vulnus dunque esiste: nei reparti in cui non si è provveduto a sostituire i sospesi, il lavoro è andato a pesare su chi è rimasto. «Se fossimo in una situazione di routine che vede le aziende sanitarie italiane con ottime dotazioni organiche sarebbe meno grave. Ma poiché tutto questo si impianta in una situazione di emergenza caratterizzata da una carenza di 80mila unità su tutto il territorio nazionale, andare a togliere ulteriore personale causa problemi a livello operativo», spiega infatti De Palma.
«Molte aziende hanno preferito sospendere senza andare a verificare se si poteva utilizzare questo personale non direttamente a contatto con il pubblico – prosegue -. Se le aziende avessero voluto essere coerenti non avrebbero potuto sospendere senza prima aver fatto nuove assunzioni». Il suggerimento di Nursing Up prevedrebbe di impiegare chi non vuole vaccinarsi in attività innovative, legate alla telemedicina e all’educazione sanitaria online della cittadinanza, «di cui gli infermieri sono latori».
Dati i numeri esigui di chi rifiuta la vaccinazione anti-Covid, quella del loro allontanamento dal contatto con il paziente poteva essere l’occasione per introdurre servizi al cittadino che da troppi anni stanno aspettando di essere realizzati. Secondo De Palma degli sportelli di informazione sanitaria possono fare la differenza nel modo in cui i cittadini affrontano la pandemia ancora oggi e contribuire a impattare meno sulle aziende sanitarie con le sospensioni.
«La posizione di Nursing Up è una posizione molto critica – dichiara il suo primo rappresentante – perché le aziende sanitarie prima di procedere alla sospensione degli operatori avrebbero dovuto organizzare e pianificare programmi operativi finalizzati a individuare le migliori modalità per compensare le attività che venivano meno e che avrebbero dovuto svolgere gli operatori sospesi. Questo non è avvenuto perché molte aziende sanitarie si sono ridotte a sospendere facendo gravare sugli altri operatori i turni che dovevano essere garantiti dagli operatori sospesi e quindi si torna al massacro degli operatori che restano regolarmente in servizio. Tutto questo non è accettabile in alcun modo. Un’organizzazione di questo tipo non si può fare sulle spalle di chi resta alla sua opera quotidianamente e che invece dovrebbe operare nelle condizioni più tranquille possibili. I nostri operatori sono donne, uomini, madri e padri che da due anni non vedono più le loro famiglie per i turni massacranti a cui sono obbligati».
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