Una delle poche voci favorevoli all’iniziativa è quella del Presidente della Commissione Sanità del Senato Pierpaolo Sileri: «Bene se in emergenza e se per un breve periodo. Non manderei i medici in pensione prima dei 73 anni». Contrari la Federazione degli Ordini dei Medici, Anaao-Assomed, Fp Cgil Medici e Aaroi-Emac, che parlano di «SSN ad un passo dal collasso»
È stato il piccolo Molise a lanciare l’idea di richiamare in servizio i medici in pensione per coprire eventuali carenze e garantire i Livelli essenziali di assistenza. Una proposta subito ripresa dal Veneto, che ha approvato una delibera che autorizza i Direttori generali delle Asl ad assumere a tempo determinato camici bianchi in quiescenza.
Immediate le reazioni di FNOMCeO e sindacati, unanimi nel bocciare le iniziative, a cui però si aggiunge una delle poche voci che accolgono la proposta con favore: quella del presidente della Commissione Sanità del Senato Pierpaolo Sileri, che a Sanità Informazione evidenzia la «necessità di far fronte alla grave carenza di specialisti» anche rimandando in corsia i medici in pensione, purché «in casi di emergenza e per un brevissimo periodo di tempo». Precisa poi che «sarebbe meglio avere forze nuove», ma aggiunge che a suo avviso «l’età pensionabile per i medici, sia ospedalieri che universitari, potrebbe essere innalzata, senza superare i 73 anni».
Una posizione non condivisa dal presidente della FNOMCeO Filippo Anelli, che parla di «cronaca di una morte annunciata, quella del Servizio sanitario nazionale», e per il quale «non è più tempo di misure tampone. Decisioni come queste – specifica – possono essere accettabili se si ragiona in termini globali, altrimenti diventano pannicelli caldi. La soluzione è una e una sola: mettere ai primi posti dell’agenda politica la sanità». Anelli ha quindi chiesto al Governo di prevedere un vero e proprio Piano Marshall per sostenere il SSN: un fondo straordinario per finanziare la formazione di medici di famiglia e specialisti, frenare la fuga dei camici bianchi dal settore pubblico, colmare le disuguaglianze di salute. «Le risposte non sono più rinviabili – conclude Anelli – o ci ritroveremo prima curati da medici centenari, poi senza medici e, alla fine, senza Servizio sanitario nazionale».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il sindacato Anaao-Assomed, per il quale quella approvata dalla Regione Veneto «è una non soluzione» che non fa altro che «posticipare il problema». Il segretario nazionale Carlo Palermo mette anche in dubbio la disponibilità dei medici in pensione ad indossare di nuovo il camice e a tornare a fare i turni: «Non credo proprio che siano così disponibili. Il fenomeno che osserviamo è anzi una fuga dal lavoro perché le condizioni sono gravose. Fare le notti a 65 anni è davvero duro e pesante. Ma in ogni caso – conclude Palermo – prima di assumere i pensionati le Regioni dovrebbero fare i concorsi».
«Questa è la dimostrazione palese di un sistema sanitario a un passo dal collasso – rincara la dose Andrea Filippi, segretario nazionale della Fp Cgil Medici e Dirigenti del Ssn -. Tutti si sono accorti delle gravi carenze di medici nei servizi sanitari tranne il Governo che, sordo e cieco, fa poco o nulla. Sono assolutamente inefficaci gli interventi messi in campo con il semplice spostamento del tetto sulla spesa del personale, mentre per evitare il collasso del Servizio sanitario nazionale serve aumentare i contratti per la formazione dei medici specialisti, snellire le procedure di selezione concorsuale e dar vita ad un piano assunzionale urgente».
Il presidente di Aaroi-Emac Veneto Massimiliano Dalsasso usa il dialetto per commentare la Delibera della sua Regione: «Peggio il tacon del buso» (Peggio la toppa del buco), scrive in una nota. «Oltre che essere opinabile dal punto di vista di aderenza alle leggi attuali, ci chiediamo se questa sia una soluzione pratica di valore a lungo termine per sopperire alle evidenti responsabilità di chi avrebbe dovuto programmare, vigilare e governare la sanità pubblica. Quanto verrà dopato il mercato – si chiede Dalsasso – se i medici in quiescenza percepiranno la pensione permettendosi di richiedere emolumenti ridotti per i loro contratti rispetto ai colleghi che non hanno già un reddito? L’impressione è che ci si stia inoltrando in una strada che peggiorerà ulteriormente le possibilità di ripresa della sanità pubblica, mortificando economicamente le giovani leve. A meno di sorprendenti aumenti di spesa pubblica, le risorse impiegate per questo progetto saranno sottratte a nuove borse di studio per medici specializzandi, al rinnovo contrattuale e al pagamento delle prestazioni aggiuntive dei medici strutturati. Il risultato sarà indubbiamente di grande impatto mediatico, ma di scarso effetto sul piano pratico e di potenzialmente negativo effetto sul futuro della professione e della sanità pubblica», conclude.