Silvestro Scotti, Segretario nazionale Fimmg, nell’intervista esclusiva a Sanità Informazione lancia l’allarme. «Medicina generale svalutata. La prima domanda che ci fanno è sul Green pass, su come rientrare a scuola e al lavoro. Per un medico è avvilente»
Le organizzazioni sindacali, SMI e SIMET hanno indetto lo sciopero per tutti i medici territoriali dell’area convenzionata il prossimo 2 marzo sotto al Ministero della Salute. La posizione di Silvestro Scotti è molto netta: la Fimmg è fortemente contraria, in questo momento, a “scioperi spot”. La Federazione Italiana Medici di Medicina Generale riconosce senza dubbio lo stato di malumore profondo che attraversa la categoria. Comprende perfettamente la stanchezza, la rabbia e la frustrazione, alquanto giustificate. E condivide, quindi, le ragioni delle proteste.
Ma tenere gli ambulatori chiusi, secondo il Segretario Generale Nazionale Silvestro Scotti, significherebbe rinunciare ad ogni tentativo di dialogo con le istituzioni. Confronto che a volte dà i suoi frutti, come nel caso delle famiglie dei mmg caduti senza ristori. E, soprattutto, lo sciopero rappresenterebbe un danno per i pazienti.
Questo non significa che non ci sia da fare un grande lavoro sul territorio. Nei due anni di emergenza sanitaria la medicina generale ha fatto la sua parte per combattere il virus. Ha partecipato attivamente alla somministrazione dei vaccini anti Covid e antinfluenzale. E poi i tamponi, i certificati di malattia, le ricette e il mare di burocrazia finiti da gestire. «C’è da riorganizzare un territorio che ha avuto una valida risposta da parte della medicina di famiglia – spiega nell’intervista a Sanità Informazione -. Abbiamo curato migliaia di pazienti Covid e non. Ma oggi la medicina generale viene svalutata per molti aspetti e per vari motivi». Il primo è che è «molto poco conosciuta, è stata poco contabilizzata ed è poco relazionata rispetto alla numerosità dei pazienti che sono stati comunque curati a casa. La stragrande maggioranza rispetto a quelli, seppur più impegnativi, ricoverati in ospedale».
Il ministro Speranza ha espresso l’intenzione di potenziare l’assistenza territoriale con le strutture di prossimità e le case di comunità. Obiettivi da raggiungere con urgenza ma è necessario agire prontamente per liberare i medici di medicina genere “affogati dalla burocrazia”.
Il sistema della medicina generale è vicino al collasso. «I mmg sono vicini ad un burn-out – prosegue Scotti – legato ad una serie di compiti burocratici perché gli altri sistemi del territorio non sono così efficienti. Parlo soprattutto del rilascio delle certificazioni per il rientro a scuola o al lavoro». Una richiesta di assistenza continua che arriva tramite telefono, mail, WhatsApp, sms, social. Un enorme aumento di carico di lavoro. Tutto questo provoca un diffuso malessere e un senso di grande insoddisfazione per cui molti chiedono la pensione anticipata e i giovani sono poco propensi ad entrare a farne parte.
«Nell’ultimo periodo – ammette – si stanno formalizzando piattaforme informatiche che mettono in comunicazione di rete i servizi in alcune regioni. Questo facilita un lavoro ancora troppo complicato – continua – ci sono pazienti meno gravi che non ci chiamano per i sintomi o per un’eventuale terapia di primo impatto. La prima domanda che ci fanno è quella sul Green pass, su come rientrare a scuola e al lavoro. Devo dire che dal punto di vista di un medico è sinceramene avvilente. Tanto è che l’approccio che seguiamo consiste nel chiedere prima al paziente come si sente, stabilire una terapia e fornire tutte le informazioni che servono per monitorare la situazione».
Nel caso dei pazienti fragili «abbiamo anche la responsabilità di inquadrare quelli da avviare alle nuove terapie da fare entro primi 5 giorni con monoclonali e antivirali. Questi ultimi, a dispensazione orale, rimangono nel registro ospedaliero e non permettono un intervento diretto. Il medico di medicina generale – aggiunge Scotti – deve verificare il tampone e poi segnalarlo alla struttura che deve fare la verifica sul paziente. Ricordiamoci, però che la compliance del paziente e l’aderenza alla terapia potrebbero migliorare con l’approccio diretto da parte del medico di famiglia con cui ha un rapporto di fiducia e conoscenza».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato