Si parla insistentemente di medici di famiglia dipendenti in Lombardia, ma potrebbe succedere davvero? Il “no” di FIMMG è piuttosto netto nelle parole della segretaria regionale, ecco perché
Sono sempre più insistenti quelle voci che vorrebbero in Lombardia l’interessamento a proposte di «politici di spicco», per trasformare i medici di famiglia, oggi legati come tutti i colleghi al Servizio sanitario da una convenzione, in dipendenti. Definita “una follia” secondo la Federazione dei medici di medicina generale lombarda.
«Chiunque conosca il mondo delle cure primarie sa che una scelta di questo tipo determinerebbe un collasso di un sistema già in difficoltà e che richiede, invece, interventi seri di sostegno», ha spiegato il sindacato all’Adnkronos Salute. La segretaria regionale Paola Pedrini ha elencato le ragioni per le quali passare alla dipendenza significherebbe mettere a rischio il Sistema sanitario nazionale. Prima di tutto per il rapporto di fiducia tra mmg e paziente, stretto a filo doppio con la possibilità di libera scelta del cittadino. Possibilità che sono «già oggi rese difficili dalla carenza di medici di famiglia, che non sarebbero possibili in un regime di dipendenza. Prevedibile poi un aumento di contenziosi, conflittualità e peggioramento della qualità percepita».
Un rapporto di dipendenza, secondo FIMMG, «determinerebbe la necessità di fornire direttamente ai medici i mezzi di produzione (auto, locali, personale di studio, servizi, utenze, attualmente in carico al medico di famiglia) – secondo Pedrini – con una conseguente necessità di investimenti rilevanti, ben al di là di quelli previsti per le ‘case della comunità’, vista la necessità di mantenere la capillarità territoriale».
Servirebbe poi un ulteriore aumento di mmg, che ancora oggi sono in numero insufficiente. Ancora, «i sostenitori del rapporto di dipendenza pensano a una maggiore facilità di copertura delle aree disagiate. Ma in un mercato del lavoro con grave carenza di professionisti, improbabile veder accettati bandi per la dipendenza in aree considerate disagiate. Questa situazione è già verificabile nei piccoli ospedali periferici: i bandi vanno spesso deserti», prosegue Pedrini ad Adnkronos Salute.
Chiude infine con il fatto che rivedere il contratto dei medici di famiglia precederebbe degli interventi legislativi: «Tempi lunghi, vasto consenso politico, risultati peggiorativi in termini di servizio».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato