Intervista a Guido Muzzi, Presidente dell’Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione di Bergamo, che piange due vittime: «Due persone squisite, è stato un grande dolore». E sulla carenza di Dpi: «È una guerra tra poveri, tra professionisti sanitari»
«Non mi piace quando ci chiamano ‘eroi’. Questo è il mestiere che ho scelto di fare 37 anni fa, sono capaci tutti di farlo in condizioni normali. Il professionista si vede nel momento critico. È facile fare la radiografia al torace a un paziente che non ha particolari problemi: lo prendi, lo metti lì e ti sei guadagnato la tua pagnotta quotidiana». Riusciamo a parlare con Guido Muzzi, tecnico di radiologia e Presidente dell’Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione di Bergamo, tra una lastra e l’altra: con la sua unità mobile gira per le RSA bergamasche dove la situazione è difficile e una lastra al torace può essere determinante per capire se c’è il virus.
«Finalmente qualcuno si interessa anche delle altre professioni sanitarie», sottolinea ad inizio conversazione. Lo ribadisce perché in prima linea non ci sono solo medici e infermieri ma anche tanti professionisti sanitari: «Tra tecnici di radiologia, fisioterapisti, logopedisti e altri è stato un delirio: una vagonata di contagiati qui a Bergamo». E poi la ferita di due colleghi deceduti per il virus, entrambi educatori professionali: Ivo Cilesi, psicopedagogista specializzato nella lotta all’Alzheimer, e Romeo Formenti, vicepresidente della Commissione d’Albo provinciale degli educatori professionali. «Due persone squisite, è stato un grande dolore» sottolinea Muzzi.
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All’inizio mascherine e Dpi erano carenti, ora la situazione sembra migliorata anche se le scorte non sono infinite: «Ma c’è sempre una guerra tra poveri, tra gli infermieri di terapia e i tecnici di radiologia che vanno a fare la radiografia a letto nei reparti. Il tecnico tratta un paziente come l’infermiere, siamo perfettamente adiacenti al paziente, ma non abbiamo in dotazione gli stessi Dpi» spiega Muzzi, che in questo momento è stato distaccato dall’Ospedale Papa Giovanni all’ATS di Bergamo. «Ad ora il servizio mobile è dedicato solo alle RSA, visti i tanti anziani critici. Ma per più di cinque anni ho fatto sia RSA che domicili privati» sottolinea ancora Muzzi.
Ora la situazione a Bergamo sembra migliorata, ma «bisogna stare attenti ai casi sommersi, soprattutto nelle RSA – conclude Muzzi -. È un lavoro importante perché ci permette di far venire a galla tutto il sommerso che c’è. Altrimenti, appena sarà possibile, i parenti che andranno a trovare gli ospiti delle RSA si infetteranno e riporteranno il virus fuori. Ora sembra che nei prossimi giorni metteranno a disposizione qualche migliaia di tamponi anche per le RSA. Ma andava fatto subito».
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