A Sanità Informazione, il ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa parla di ricerca, formazione e facoltà a numero chiuso: «Il modo per far coincidere fabbisogno e offerta può essere rivisto. I test sono neutrali ma soggetti a errori»
In Italia esiste una questione universitaria. Troppo basso, rispetto alla media europea, il numero di immatricolati, di laureati e di ricercatori. E anche quello degli adulti tra 25 e 34 anni in possesso di un’istruzione di tipo terziario è inferiore alla media dei Paesi OCSE e dell’Ue: il 28% contro il 45%.
Sono i dati che emergono dalla relazione conclusiva dell’“Indagine conoscitiva sulla condizione studentesca negli atenei italiani e sul precariato nella ricerca”, svolta dalla Commissione Istruzione, università e ricerca del Senato e presentata ieri nella Sala Caduti di Nassirya di Palazzo Madama.
Dal documento è chiaro che, pur riconoscendo la validità del percorso intrapreso nella scorsa legislatura, con l’incremento dei beneficiari delle borse di studio e la riduzione delle tasse universitarie, sono ancora tante le azioni da intraprendere per migliorare il sistema universitario.
Secondo il ministro dell’università e della ricerca, Maria Cristina Messa, intervistata da Sanità Informazione a margine dell’evento, bisogna incentivare i giovani alla laurea e introdurre misure perché «chiunque possa accedere all’università». Durante la conferenza stampa è stato spesso sottolineato che il diritto allo studio è essenziale, ma anche quest’anno, a causa del numero chiuso, moltissimi aspiranti camici bianchi sono rimasti fuori dalla Facoltà di Medicina. «Avere 77mila candidati per 14mila posti dispiace a me, per prima, perché sono un medico. Per quanto riguarda il fabbisogno nazionale, abbiamo seguito le indicazioni delle agenzie regionali – ha precisato – è importante seguire la programmazione. Se quello è il fabbisogno non possiamo andare molto oltre quella cifra anche perché non avemmo le risorse per poter formare gli studenti in più».
A dire il vero, però, c’è anche un altro aspetto da considerare sul numero chiuso a Medicina. Anche quest’anno, errori e irregolarità sono stati segnalati – e riconosciuti – sia nel test per le professioni sanitarie che in quello di Medicina. Questo porterà moltissimi ragazzi ad avanzare ricorso per entrare “in sovrannumero”. «Il modo in cui si fanno le scelte e si arriva a questa coincidenza fra fabbisogno e offerta può essere rivisto – ha evidenziato il ministro -. I test sono la cosa più neutrale possibile ma possono essere soggetti a errori. I controlli sono affidati a pochissime persone per evitare la fuoriuscita di domande in anteprima. Io penso che si debba lavorare molto sull’orientamento e sui sistemi di autovalutazione. Ridurre i costi alle famiglie per far preparare i ragazzi ai test ed effettuare un controllo maggiore di questi o addirittura poterne rivedere la composizione».
Oltre che dai ricorsi, il ministro si dice preoccupata per la qualità della formazione: «Più immettiamo persone e più le strutture diventano carenti e il lavoro difficile da trovare. Diciamo che abbiamo bisogno di tanti medici ma la distribuzione del fabbisogno su scala nazionale non è omogenea. Subisce altri fattori, come l’attrattività dei luoghi in cui si va a lavorare o il tipo di contratto che queste persone avranno». Ad ogni modo, per una revisione del sistema, il ministro Messa si mostra aperta al confronto e al dialogo. «Sono disponibilissima a parlare di numero chiuso perché non è una cosa che dà gioia a chi vuole migliorare e aumentare l’offerta formativa universitaria. Dobbiamo però anche essere pratici e sinceri e pensare al futuro di questi giovani».
Il ministro ha infine espresso «una gioia profonda» per l’assegnazione del Nobel per la Fisica 2021 a Giorgio Parisi. «Un premio che dimostra il valore della ricerca italiana – ha spiegato – motivo di grande incoraggiamento». Non basta, però, per definire l’Italia un Paese che investe nella ricerca. E lo dimostra il fatto che erano 62anni che un ricercatore attivo nel nostro paese non raggiungeva il prezioso riconoscimento a livello mondiale. Il ministro Messa intende affrontare l’annosa questione del precariato nella ricerca «modificando le regole per il reclutamento di personale nelle università e negli enti di ricerca» e mettendo a disposizione «un finanziamento per assorbire quei ricercatori bravi che da anni producono tantissimo e che meriterebbero qualcosa di più».
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