Intervista all’avvocato Andrea Marziale, partner di QUORUM Studio Legale e Tributario Associato e consulente di Consulcesi & Partners, specializzato in Diritto del Lavoro e Sanitario
L’obbligo vaccinale vale per tutti gli operatori sanitari, senza esclusioni, oppure vale solo per chi è “in prima linea”, ovvero a diretto contatto con i pazienti Covid? Il dubbio nasce dalla lettura di un passaggio dell’ultima ordinanza del Commissario Straordinario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo, la quale potrebbe contenere un elemento che andrebbe apparentemente in contrasto con l’obbligo vaccinale previsto dal D.L. 44/21. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Andrea Marziale, partner di QUORUM Studio Legale e Tributario Associato e consulente di Consulcesi & Partners, specializzato in Diritto del Lavoro e Sanitario.
«Nel Decreto Legge n. 44/21 vengono previste alcune categorie che devono rispettare l’obbligo vaccinale e che sono espressamente indicate in esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono attività in strutture sanitarie, socio-sanintarie, farmacie, ecc.. L’ordinanza del Commissario Figliuolo effettivamente, dal mio punto di vista, può essere interpretata in due modi diversi in quanto in un passaggio si dice che la campagna vaccinale continua nei confronti di “tutto il personale sanitario e socio-sanitario, in prima linea nella diagnosi, trattamento e cura del Covid-19”. Quell’inciso, quella virgola, potrebbe anche voler dire che vale la priorità di vaccinare, in quanto obbligo, tutti gli operatori sanitari indipendentemente dal fatto che siano o meno in prima linea. Se poi vogliamo dare del testo una interpretazione un po’ più restrittiva, ma comunque di buon senso, potremmo dire che devono essere vaccinati in via prioritaria i professionisti sanitari a diretto contatto con i pazienti Covid. Purtroppo, come succede spesso in questi casi, non c’è chiarezza assoluta. Credo che, probabilmente, sarà necessario introdurre qualche correttivo in sede di conversione in legge del decreto perché questo passaggio potrebbe creare qualche difficoltà interpretativa. Se poi vogliamo spostare il discorso sulla gerarchia delle fonti, in questo caso la “fonte primaria” resta il decreto legge. L’ordinanza del Commissario dà alcune indicazioni operative ma se vogliamo considerare la fonte più efficace e valida non può che essere il decreto legge. Dal mio punto di vista, dunque, l’obbligo rimane per tutti gli operatori sanitari individuati nel decreto legge e dalla circolare esplicativa del Ministero della Salute. Gli operatori sanitari sono quelli indicati in questi testi e che operano nelle strutture, come ospedali, farmacie e altre strutture similari».
«Anche qui, dal mio punto di vista, dipende dall’interpretazione del testo che si vuol dare e dalla gerarchia delle fonti. Nel senso che se crediamo che l’ordinanza Figliuolo abbia introdotto una qualche distinzione tra le categorie allora è ovvio che chi non rientra negli operatori sanitari “in prima linea” non può essere considerato obbligato e quindi non potrebbe esserci una situazione per cui il datore di lavoro, ovvero l’azienda sanitaria, gli dovesse intimare di fare il vaccino, lui dovesse rifiutarsi e quindi possa essere sospeso dal servizio e dalla retribuzione. Secondo me c’è anche un passaggio che probabilmente va considerato fondamentale, e che è previsto nello stesso decreto legge. Nel testo dell’articolo che ha previsto l’obbligo vaccinale vengono individuate le categorie che vanno vaccinate e subito dopo si ricorda che, a mio avviso correttamente, tutti questi operatori sanitari appartengono ad un ordine professionale. E dunque devono essere gli stessi ordini professionali, senza distinzione, a dover indicare alle Regioni e alle Asl competenti i nominativi da vaccinare. Se un operatore sanitario non viene chiamato per effettuare la vaccinazione obbligatoria, dunque, a mio avviso non può subire conseguenze di alcun tipo».
«Se da qui alla conversione del testo in legge permarranno queste difficoltà interpretative, penso si debba intervenire con qualche correttivo perché evidentemente potrebbero venire a crearsi delle discriminazioni. Le intenzioni sono, dal mio punto di vista, assolutamente buone e corrette. Va bene dunque prevedere delle distinzioni anche all’interno delle stesse categorie, ma c’è bisogno che in sede di conversione vengano chiarite definitivamente queste possibili distinzioni. In tal senso, infatti, potrebbero crearsi delle situazioni paradossali per cui magari alcune Aziende che decidono di aderire al Protocollo Nazionale per la realizzazione di punti di vaccinazione anti-Covid sui luoghi di lavoro, siglato il 6 aprile u.s., e che sappiamo basarsi esclusivamente sulla volontarietà, potrebbero individuare dei destinatari del vaccino che, per assurdo, potrebbero “soffiare” il posto a qualcun altro che invece, seppur compreso in una categoria ove è prevista l’obbligatorietà, ancora non è stato chiamato in base a quelle difficoltà interpretative di cui abbiamo parlato».
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