Il pioniere delle cure Covid a domicilio è stato eletto Presidente del Collegio Italiano dei primari oncologici ospedalieri. «Le cure oncologiche possono durare anni e dobbiamo cercare di delocalizzare, decongestionare gli ospedali e mettere in pratica cure di prossimità» spiega il medico piacentino che continua la sua campagna per il conferimento del Nobel al corpo sanitario italiano
Territorialità delle cure e umanizzazione. Sono due le parole chiave dell’oncologia del futuro secondo Luigi Cavanna, da poco nominato, con un plebiscito, presidente del Cipomo, Collegio Italiano dei primari oncologici ospedalieri. Un incarico di prestigio per Cavanna, primario del Dipartimento di Cure onco-ematologiche dell’Ausl di Piacenza, e pioniere delle cure a domicilio contro il Covid: le sue immagini in tuta protettiva durante la prima ondata dell’epidemia hanno fatto il giro del mondo.
Per Cavanna, avvicinare le cure ai pazienti è una priorità assoluta: «La prima cosa è una maggiore sensibilità verso lo sviluppo dell’oncologia sul territorio. In un passato non troppo lontano, l’oncologia era molto limitata perché se una parte di persone aveva la fortuna di guarire e di vivere, coloro che avevano una malattia metastatica avevano spesso una prognosi sfavorevole in tempi non troppi lunghi e pochi mesi davanti. Con le cure dell’ultima decade queste persone per fortuna vivono molto più a lungo. Ora ci dobbiamo adattare ai bisogni di questa popolazione. Se una persona deve far la cura per anni è chiaro che dobbiamo cercare di delocalizzare, decongestionare gli ospedali e mettere in pratica cure di prossimità: vuol dire curare in ambulatori dedicati sul territorio o negli ospedali di prossimità. Quindi, penso che in futuro gli oncologi di una stessa équipe potranno spostarsi a turno in reparti extra oncologici. Dobbiamo lavorare affinché il paziente possa spendere il tempo per la propria vita, al lavoro o con la famiglia e non nelle attese in ospedale o in viaggi che portano via molto tempo».
Cavanna, che succede a Livio Blasi, direttore dell’U.O.C. di Oncologia Medica del Polo Oncologico dell’Ospedale Civico di Palermo, porterà avanti tutte le tematiche care a Cipomo come la tutela e la promozione dell’oncologia medica ospedaliera sotto l’aspetto scientifico, professionale, gestionale organizzativo e istituzionale. Ma sicuramente la sua presidenza sarà caratterizzata dal tratto distintivo del medico piacentino, l’estrema cura per le esigenze dell’assistito e per la relazione tra medico e paziente.
«Altro tema da portare avanti è quello della telemedicina – sottolinea Cavanna -. Dobbiamo sviluppare tutte le tecnologie che permettono assistenza a distanza e che rappresentino una integrazione di quella che è la cura e la gestione, ma che non siano una sostituzione del rapporto umano. E poi c’è sicuramente il problema di garantire gli organici adeguati. La carenza di medici riguarda anche le oncologie. Vogliamo interloquire con i decisori per avere medici e infermieri di oncologia adeguati alle esigenze».
Sullo sfondo, resta il tema degli screening e delle visite saltate nell’anno pandemico, un tema su cui bisogna agire presto. AIOM ha lanciato dati preoccupanti: si stima che nel 2020, rispetto al 2019, le nuove diagnosi di tumore sono diminuite dell’11%, i nuovi trattamenti farmacologici si sono ridotti del 13% mentre gli interventi chirurgici hanno fatto registrare un -18%.
«Sicuramente siamo molto preoccupati – spiega il medico piacentino -. Cipomo è intervenuto già mesi fa sollecitando insieme ad AIOM le istituzioni. Abbiamo due problemi distinti: uno è quello degli screening. L’altro, non meno importante, il ritardo negli interventi chirurgici per i malati di tumore. Questo ritardo comporta il rischio di una maggiore estensione del tumore. Se il tumore è operato in fase localizzata può significare guarigione vera. Se viene operato dopo che la malattia ha già dato micrometastasi, il rischio di recidiva è molto elevato. Su questo punto interverremo anche a livello di singole ASL. Ogni responsabile di oncologia da tempo sta stressando le proprie istituzioni locali affinchè gli screening vengano ripresi. Nella mia realtà a Piacenza sono ripresi tutti: mammella, colon retto e collo dell’utero. C’è poi un terzo problema. Molti cittadini tendono a non presentarsi agli screening perché hanno paura di andare in ospedale e contrarre il Covid. Dobbiamo lavorare anche su questo».
Cavanna insiste molto sull’esigenza di un rapporto di cura che guardi molto all’umanizzazione, anche ala luce della vicenda Covid dove in molti sono morti in solitudine, senza aver avuto l’affetto dei propri cari.
«Un aspetto su cui ragionare è quello dei parenti che non possono entrare in ospedale – spiega il medico piacentino –. Il parente ha un ruolo quasi di vigile controllo sull’operato di noi medici. Può essere visto a volte come una figura che si interpone un po’ troppo nel rapporto con il curante e a volte come colui che ha troppe pretese. Ma attenzione, il parente spesso ci porta delle istanze che si rischia di non vedere o che il paziente non ci riferisce. Secondo me i parenti e i volontari, soprattutto in oncologia, giocano un ruolo importante nel migliorare la cura del paziente. Se ne parla troppo poco dei pazienti che sono morti senza il conforto di un parente. Il Covid ci ha abituato ad essere quasi un po’ cinici. Spero che da questa tragedia possa nascere un nuovo umanesimo e Cipomo si impegnerà su questo».
Infine, Cavanna continua nella sua opera di testimonial della campagna per il conferimento del Premio Nobel per la Pace al corpo sanitario italiano, portata avanti dalla Fondazione Gorbachev. «L’estate vola in fretta, dobbiamo lavorare perché almeno a livello italiano ci sia una coscienza diffusa e i cittadini conoscano questa iniziativa. È importante non solo perché siamo italiani, ma perché l’Italia è il paese occidentale dove il virus è arrivato per primo e noi una risposta, pur con tutti i nostri limiti, l’abbiamo messa in piedi ed è servita anche ad altri paesi».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato