Biasci (Federazione Italiana Medici Pediatri): «Ci siamo già noi. Valorizziamo pediatria nelle scuole e prevediamo infermieri di comunità come referenti dei Dipartimenti di Prevenzione». Mangiacavalli (FNOPI) sposa la proposta. Scotti (FIMMG): «Medicina generale pronta a fare la propria parte, gli strumenti contrattuali ci sono»
«Le funzioni del medico scolastico sono state abbandonate da oltre 40 anni, con l’istituzione del SSN, di una medicina specializzata e della figura del pediatra di famiglia. Non torniamo indietro e soprattutto non creiamo confusione di ruoli a bambini e genitori». La posizione della FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri) espressa dal Presidente Paolo Biasci è molto chiara: i pediatri sono contrari al medico scolastico per il controllo sanitario.
«A scuola ci sono i nostri pazienti – spiega Biasci – e troviamo veramente assurdo affidare ad altri compiti che si collocano tra le nostre responsabilità. Chiediamo che la figura del pediatra di famiglia sia valorizzata anche all’interno della scuola. Non c’è bisogno di un altro medico, magari un giovane neolaureato. Le famiglie hanno già scelto il loro pediatra specialista da cui possono essere assistiti al 100%».
Il documento ISS-Ministeri Salute e Istruzione dà indicazioni sulla gestione dei nuovi casi e focolai in classe. «Nella relazione – prosegue Biasci – viene richiesto di individuare delle figure professionali referenti dei Dipartimenti di Prevenzione per le scuole in coordinamento con i medici curanti dei bambini e degli studenti: noi pensiamo ad un assistente sanitario o all’infermiere di comunità che può svolgere le funzioni richieste di prevenzione e controllo per l’emergenza Covid-19».
Approva la linea della FIMP la Presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, Barbara Mangiacavalli, che sottolinea: «Il decreto rilancio ha introdotto all’interno dei distretti sanitari la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità e nella comunità rientra a pieno titolo anche la scuola».
Gli infermieri di comunità, dunque, per la prevenzione, assistenza e consapevolezza della salute di bambini e ragazzi: «Avere un professionista infermiere a scuola garantisce il rispetto dei diritti di tutela della salute e diritto allo studio e trasmette una maggiore sicurezza ai genitori. E sarà lo stesso infermiere – conclude la Mangiacavalli – ad attivare in caso di reale necessità il medico che assiste l’alunno, operando in team con il pediatra di libera scelta all’interno dei dipartimenti di prevenzione».
Va in direzione opposta invece la posizione della Federazione italiana medici di medicina generale, che sposa la proposta dell’onorevole Beatrice Lorenzin, responsabile del Forum Salute del Partito democratico, di istituire il medico scolastico «non solo per rispondere alle specifiche criticità legate all’emergenza Covid – si legge in una nota -, ma anche per offrire una risposta sempre più efficace alle esigenze di salute delle comunità scolastiche».
Per Silvestro Scotti, segretario nazionale FIMMG, quella del medico scolastico può essere infatti «una figura chiave nel sistema del territorio, funzionale alla gestione delle criticità annunciate per il prossimo autunno, ma anche particolarmente utile in una prospettiva di più ampio respiro, per offrire un contributo efficace nella gestione dell’igiene pubblica oltre che per sostenere la prevenzione e la salute dei ragazzi, soprattutto quelli con patologie croniche, nella scuola al di là della pandemia.
Scotti e Marrocco, segretario provinciale per la medicina dei servizi FIMMG Roma, evidenziano quindi che queste criticità potrebbero essere risolte da «figure contrattuali già previste dall’ACN della medicina generale. I medici dei servizi – spiegano – sono infatti la chiave, figure che oltretutto, in evoluzione del Decreto Balduzzi, rientrano anche nel ruolo unico della medicina generale». FIMMG ribadisce come questi medici siano a tutti gli effetti Unità funzionali delle AFT, in stretto coordinamento con i medici di famiglia del territorio e delle comunità su cui ricade la scuola.
«Per intervenire nell’immediato – concludono Scotti e Marrocco – basterebbe un provvedimento specifico, o si potrebbero addirittura usare i fondi già previsti dal Decreto Rilancio per il potenziamento dei medici convenzionati, strutturando delle Unità speciali di medicina dei servizi». Come le USCA di continuità assistenziale, le Unità di medicina di servizi sarebbero attive proprio nella gestione Covid e post Covid nel rapporto con le scuole.
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