Il Segretario Generale del Sindacato Medici Italiani, in un’intervista a Sanità Informazione ripercorre le principali criticità del PNNR. Le proposte: «Modificare la legge 502/92 e studiare un meccanismo flessibile di equivalenza scelta/ore, che permetta ai medici con un carico assistenziale inferiore al massimale di coprire un debito orario nelle case di comunità, retribuiti a quota oraria o capitaria»
«Le Case della Comunità, così come sono state concepite, non miglioreranno dal punto di vista organizzativo il lavoro dei medici, né i servizi ai cittadini».
Ne è convita Pina Onotri, Segretario Generale del Sindacato Medici Italiani (SMI). «Veramente si pensa che un medico che ha in carico 1.500 assistiti lavori solo 15 ore a settimana? – chiede Onotri -. In epoca pre-pandemica tale carico di pazienti comportava circa 40 ore di attività settimanale, attività più che raddoppiata in tempo di pandemia, con carichi di lavoro insostenibili, tant’è che molti colleghi hanno rinunciato all’incarico. Lavorare 38 ore a settimana? – chiede ancora il Segretario Generale del Sindacato Medici Italiani -. Ci mettiamo la firma subito, ma così non sarà. I pazienti che abbiamo in carico, soprattutto quelli più fragili richiedono ben più di 20 ore di attività a settimana, a meno di non contrarre la nostra disponibilità all’assistenza, riducendola alle sole ore di apertura di studio previste». Calcolatrice alla mano, resterebbero altre 18 ore di lavoro da svolgere all’interno delle case di comunità».
Ed anche su questo punto, il tema dell’assistenza aggiuntiva, non mancano gli interrogativi: «Quali saranno i nostri compiti? Nei confronti di chi verrà svolta questa assistenza aggiuntiva? Nei confronti dei pazienti per cui siamo pagati? – chiede Onotri -. Ed in questo caso – risponde il Segretario Generale del Sindacato Medici Italiani -, non vedo perché se siamo facilmente raggiungibili nei nostri studi medici, i nostri pazienti dovrebbero cercarci in una casa della comunità situata, a volte, anche a km di distanza. Oppure la nostra prestazione deve essere rivolta ad una popolazione di assistiti che non abbiamo in carico? In questo caso si porrebbero molti problemi medico legali e anche di natura contrattuale».
A tal proposito sono molteplici le soluzioni proposte dal Segretario Onotri: «Si potrebbe studiare un meccanismo flessibile di equivalenza scelta/ore, per cui i medici con un carico assistenziale inferiore al massimale (1500 scelte) possono andare a coprire un debito orario nelle case di comunità retribuiti in parte a quota oraria e in parte a quota capitaria. Ancora, modificare la legge 502/92 permettendo alle ASL di conferire incarichi a tempo indeterminato a medici convenzionati per ricoprire le aree che oggi sono più in sofferenza, dall’assistenza domiciliare, alla medicina scolastica, ai servizi di necroscopia e igiene».
Altro punto focale della Missione 6 del PNRR è l’incremento dell’assistenza domiciliare agli anziani. Ma anche qui non sono pochi gli aspetti che attendono di essere chiariti. Il Segretario Onotri non «ritiene possa essere una misura sufficiente perché – spiega -, insieme ai bisogni sanitari, ci sono i bisogni sociali da soddisfare in termini anche di sostegno alle famiglie che, oggi, si fanno carico dell’intera assistenza.
L’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) dovrebbe essere in grado di affrontare i problemi delle persone non autosufficienti in modo totale o parziale superando le lungaggini burocratiche della valutazione multidimensionale del paziente da parte di un’Unità Valutativa Multidimensionale (UVM) che ha il compito di esaminare in modo approfondito la situazione clinica del paziente, tenendo in conto diversi aspetti, tra cui la sua salute psichica e i fattori socio-ambientali».
Nel restyling della Sistema Sanitario Nazionale anche la telemedicina avrà un ruolo fondamentale. «Considerata la carenza di medici generalisti e specialisti da impiegare fin da subito nelle aree più disagiate del Paese, la telemedicina avrà una funzione sempre più strategica. Rinforzare la medicina territoriale vuol dire, da una parte, colmare la carenza di personale sanitario, medico ed infermieristico e, dall’altra, investire nel fabbisogno formativo delle figure sanitarie e sociosanitarie e mediche impiegate nei servizi residenziali e di assistenza domiciliare integrata per la cura della persona, in particolare, data l’importanza della telemedicina – conclude Onotri – nella formazione in medicina digitale».
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