Presentato il libro del segretario generale Antonio Magi al congresso Sumai Assoprof. «Il volume sviluppa una previsione del fabbisogno medico e specialistico del 2030. In più, evidenzia quanti sono i medici specialisti che noi abbiamo formato e che sono andati a lavorare all’estero e perché»
È in corso a Roma, presso l’Hotel Villa Pamphili, il 54esimo congresso nazionale del sindacato di medicina ambulatoriale italiana e professionalità dell’area sanitaria Sumai Assoprof.
Nel corso della giornata odierna è stato presentato il volume “Medici specialisti situazione al 2021, previsione al 2030” di cui il segretario generale Antonio Magi è autore. Il libro ha avuto l’onore di ricevere la presentazione della Rettrice dell’Università Sapienza di Roma e la prefazione di Filippo Palumbo, già Capo dipartimento della programmazione sanitaria del ministero della Salute.
Lo studio è stato realizzato esaminando i dati forniti da enti ed istituzioni nazionali ed internazionali. Si può, per questo, definire non solo una fotografia dello stato attuale lavorativo medico-sanitario italiano ma anche un’analisi dettagliata della specialistica nel SSN, sia ambulatoriale che ospedaliera, per capire come e dove intervenire in futuro.
Numeri alla mano e con l’utilizzo di grafici e tabelle «abbiamo fotografato i medici in Italia nel 2021 e in particolare gli specialisti. Dividendoli per età, regione, provincia – ha detto Magi ai nostri microfoni – è stato calcolato quanti professionisti sono attivi, quanti lavorano per il SSN e quanti lavorano nel privato». E grazie ad un coefficiente di «domanda medica ponderata» si è arrivati a prevedere il fabbisogno medico e specialistico del 2030.
Nel rispondere alla domanda su quanti e quali specialisti serviranno nei prossimi anni, facendo riferimento alle uscite, Magi ha sviscerato il primo problema, legato all’anzianità del personale sanitario. In passato, infatti, non si è potuto fare un turnover adeguato, né in relazione all’attività ospedaliera, cercando di coprire i “buchi” lasciati dai pensionamenti con le entrate, né in relazione alla parte convenzionata. «Il personale in pensione in questi anni non è stato sostituito e stiamo andando incontro a una gobba pensionistica che vedrà il suo culmine nel 2025-2026. Siamo già in piena gobba pensionistica perché ad oggi assumiamo molte meno persone rispetto a quelle che vanno via».
«Senza personale, saremo costretti a ridurre le prestazioni per i cittadini o peggio, addirittura saremo costretti a rinunciare al SSN. Questo il grave rischio», ha azzardato Magi. Il libro mette in evidenza quanti sono i medici che noi abbiamo formato e che avrebbero potuto coprire i fabbisogni del SSN ma hanno scelto di andare a lavorare all’estero». Nel volume, sono esposte tutte le motivazioni «per cui i giovani medici oggi trovano meno attrattivo il SSN e scelgono di non lavorare in Italia».
«Mancati investimenti, carenze e difficoltà organizzative, aggressioni e turni massacranti che spesso sfociano in burnout. Esercitare la professione sanitaria nel nostro Paese è diventato sempre più complicato. «Molti colleghi, e parlo di specialisti, preferiscono non lavorare nel SSN ma scelgono di andare o nel privato o all’estero, perché il SSN è poco attrattivo».
Ma non sono le uniche ragioni. I giovani, soprattutto, hanno bisogno di certezze e stabilità, altrimenti scappano altrove. E i medici italiani hanno, notoriamente, una remunerazione nettamente inferiore a quella dei colleghi europei. «Siamo il terzultimo paese in Europa – ha specificato Magi -. Il quartultimo, ma pur sempre fanalino di coda, è la Spagna e dà 35mila euro lordi in più rispetto all’Italia agli specialisti».
A Magi, come a molti, preoccupa la tenuta del nostro sistema. La richiesta è sempre la stessa: investire su medici e specialisti del SSN che lavorano per garantire il diritto alla salute previsto dall’Articolo 32 della Costituzione. Metterli nelle condizioni migliori per poter svolgere l’attività professionale sereni dal punto di vista della sicurezza e porli al centro delle decisioni in sanità. Programmare ancora più risorse e consegnare loro il ruolo che meritano è l’unico modo per conservare al meglio un efficiente SSN.
«La situazione è drammatica – ha confessato -. O noi aumentiamo a livello europeo le remunerazioni, le possibilità di carriera degli specialisti con contratti a tempo indeterminato che permettono alle persone di costruirsi un futuro o siamo destinati purtroppo a perdere questo bene prezioso che abbiamo, il SSN. Senza il quale non avremmo potuto superare la pandemia» ha concluso.
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