La carenza di assistenza domiciliare non è controbilanciata da una presenza adeguata sul territorio di RSA. Il presidente ANASTE: «In Italia il numero di residenze raggiunge appena il 50% della media dei paesi dell’OCSE. Mancano geriatri e infermieri»
«Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza punta sull’assistenza domiciliare. Eppure, stando alle cifre, ai nostri anziani non autosufficienti spetterà una sola prestazione a settimana». È Sebastiano Capurso, presidente ANASTE, l’Associazione Nazionale Strutture Territoriali e per la Terza età, a mettere in evidenza le contraddizioni del Piano che nei prossimi cinque anni dovrebbe rivoluzionare e ammodernare il nostro Sistema Sanitario Nazionale.
L’incremento dell’assistenza domiciliare agli anziani è esplicitamente previsto nel testo del PNRR. «Tuttavia – sottolinea Capurso -, i fondi dedicati a questo capitolo di spesa sono totalmente insufficienti. Per rendersene conto basta dividere le somme stanziate per il numero di anziani che, potenzialmente, dovrebbero beneficiarne. Si scoprirà che per ognuno di questi pazienti sarà possibile erogare circa un servizio domiciliare a settimana. Una goccia nel mare, se si considera che le persone non autosufficienti, nella maggior parte dei casi, hanno bisogno di assistenza h24».
Ma non è tutto: la carenza di assistenza domiciliare non è controbilanciata da una presenza adeguata sul territorio di strutture in grado di accogliere e assistere questi anziani malati, come ad esempio le RSA. «In Italia il numero di residenze sanitarie assistenziali raggiunge appena il 50% della media del Paesi dell’OCSE. Mentre l’assistenza domiciliare raggiunge solo il 25% degli standard previsti in Europa», dice il presidente dell’Associazione Nazionale Strutture Territoriali e per la Terza età.
La carenza di assistenza territoriale e domiciliare è una conseguenza diretta della mancanza di personale sanitario impiegato nel SSN. «Molti degli investimenti previsti dal PNRR puntano a finanziare nuove infrastrutture. Ma se uno dei problemi più evidenti della sanità italiana è la penuria di medici e professionisti sanitari – sottolinea Capurso – una domanda sorge spontanea: chi lavorerà in queste nuove strutture, come gli ospedali e le case di comunità, previste dal PNNR? – chiede il presidente ANASTE -. Si corre il serio rischio che questi edifici restino delle cattedrali nel deserto, prive sia di pazienti che di personale».
Per rispondere ai bisogni di salute degli anziani servirebbe un numero maggiore di specialisti e professionisti sanitari. «In Italia ci sono pochi geriatri e infermieri. E per sopperire alle carenze serve un sistema di formazione che sia strutturato in modo tale da fronteggiare, nel giro di qualche anno, tali mancanze. E a nulla servono le scorciatoie come quella della Regione Veneto che ha tentato di arginare l’insufficienza di personale infermieristico attraverso corsi di formazione specialistica per OSS, creando la figura del cosiddetto super OSS o OSS super specializzato. Cambiare l’etichetta di una professione non può corrispondere ad una reale acquisizione di competenze molto più complesse (come quelle infermieristiche) di quelle finora attribuitegli. Si tratta di soluzioni tampone, di coperture di facciata, che non risolvono nemmeno in parte un problema di lunga data, come quello della carenza di personale sanitario, con cui il nostro SSN – conclude il presidente ANASTE – convive ormai da troppi anni».
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