Bruno (ANSDIPP): «Per la cura e l’assistenza territoriale dei pazienti non autosufficienti è necessario investire su residenzialità e tecnologie leggere, dalla domotica di uso domestico agli appartamenti protetti, per ridurre il carico degli ospedali e sgravare i caregiver»
Intelligenza artificiale, stampanti 3D, realtà virtuale e aumentata, nanotecnologia, robotica. Sono le nuove grandi tecnologie che stanno rivoluzionando la sanità del presente e del futuro, molte delle quali saranno oggetto di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma puntare in alto, non sempre è la soluzione.
«Anche piccole tecnologie leggere, come le tapparelle elettriche e tutta la domotica di uso domestico, possono migliorare la qualità del vivere quotidiano dei pazienti non autosufficienti – assicura Irene Bruno, del direttivo ANSDIPP, l’Associazione Nazionale dei Manager del Sociale e del Sociosanitario -. Per questo è necessario che il PNRR non punti soltanto a migliorare le tecnologie dei nostri ospedali e ambulatori, ma incrementi l’efficacia e l’efficienza dei servizi di continuità assistenziale».
I malati cronici necessitano di cura e assistenza durante l’intero arco della loro esistenza. «Si recano in ospedale quando la loro patologia attraversa una fase acuta o presso gli ambulatori specialistici per effettuare visite ed esami diagnostici. Ma – aggiunge il membro del direttivo ANSDIPP – è in casa che trascorrono la maggior parte della propria vita ed è qui che bisogna intervenire, offrendo servizi di assistenza sanitaria domiciliare adeguati, se si vuole davvero garantire una migliore qualità di vita, non solo ai pazienti ma anche alle loro famiglie».
Un capitolo di spesa del PNNR mira, infatti, ad incrementare l’assistenza domiciliare agli anziani non autosufficienti, avvalendosi anche dei sistemi di telemedicina. «Tuttavia – sottolinea Bruno – si corre il rischio di investire in nuove tecnologie di assistenza domiciliare senza avere a disposizione personale sanitario sia numericamente sufficiente, che adeguatamente preparato ad utilizzarle».
Oltre al domicilio, sono le strutture residenziali a garantire la continuità assistenziale ospedale-territorio. «Il PNRR ha puntato tutti i suoi fondi sull’assistenza a domicilio e sulla domotica, ma la continuità assistenziale ha bisogno di poter contare anche su una rete di assistenza residenziale, che tuttavia non può esaurirsi solo nei servizi offerti dalle RSA – spiega Bruno -. Esistono forme di residenzialità innovative, cosiddette leggere, come appartamenti protetti individuali, le comunità alloggio, il cohousing, luoghi in cui soltanto suonando un campanello si può ricevere assistenza in tempo reale, 24 ore al giorno.
Tali strutture sono studiate affinché chi vi risiede possa mantenere, ed anche incrementare, la sua autonomia, pur nella massima protezione e sicurezza. Ancora, esistono centri diurni in cui le persone non autosufficienti possono sia fare riabilitazione psico-motoria, che trascorrere le loro giornate, per poi far rientro a casa propria, circondati dall’affetto dei propri cari. Ecco queste sono le strutture sulle quali bisognerebbe investire di più, nel tentativo di alleggerire il carico degli ospedali, evitando ricoveri inutili, e sgravando i caregiver da responsabilità che, spesso – conclude -, li costringono ad annullare gran parte degli impegni della propria vita».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato