Cosa è cambiato a cinque anni dalla Legge 24 del 2017? Lo abbiamo chiesto alla persona che le ha dato il nome
Decreti attuativi in arrivo (almeno per quanto riguarda l’aspetto delle assicurazioni). Giurisprudenza che, durante la pandemia, ha rafforzato le misure di tutela e garanzia nei confronti degli operatori sanitari. Formazione che diventa sempre più importante alla luce delle risorse in arrivo dal PNRR. Cosa è cambiato a cinque anni dalla Legge 24 del 2017 (cd. Legge Gelli-Bianco) sulla responsabilità professionale? Se ne è parlato durante la presentazione a Roma del volume “Responsabilità, rischio e danno in sanità – La sicurezza delle cure dopo la pandemia di Covid-19”, curato da Federico Gelli e da Maurizio Hazan, insieme a Daniela Zorzit e Fidelia Cascini (edito da Giuffrè in collaborazione con Fondazione Italia in Salute), dedicato proprio a un’analisi critica e aggiornata della legge 24 del 2017. E abbiamo chiesto approfondimenti a Federico Gelli, attuale Direttore Generale Sanità, welfare e coesione sociale della Regione Toscana, nonché “padre” di quella legge.
«È cambiato moltissimo. E non solo perché la giurisprudenza si è pronunciata innumerevoli volte, anche con la Corte Suprema, sia sulla parte penale, con tre sentenze importanti che vanno a puntualizzare meglio il tema della responsabilità, che sul settore della giurisprudenza civile, con il decalogo di San Martino che ha disciplinato notevolmente la materia. Abbiamo fatto insomma un percorso molto impegnativo. Durante la pandemia il legislatore, ispirandosi proprio alla legge 24, ha rafforzato alcune misure di tutela e di garanzia nei confronti degli operatori sanitari. Faccio gli esempi della depenalizzazione della responsabilità dei medici vaccinatori o dei medici che durante lo Stato d’emergenza sono stati chiamati a curare pazienti affetti da Covid. La completezza di questo percorso risente dei decreti attuativi. È imminente la firma dei decreti attuativi che riguardano la parte assicurativa. Ne seguiranno poi altri due a completamento dell’intera applicazione della norma. Credo insomma che potremmo veramente dirci soddisfatti di un percorso complesso e articolato, con materie di non facile comprensione».
«Il tema è legato sempre alla pandemia, la quale ci ha fatto capire, esaltandolo, un grande elemento di difficoltà e di sofferenza del sistema sanitario nazionale, che è appunto il servizio dell’assistenza territoriale. Abbiamo guardato sempre con attenzione agli ospedali e alla loro modernizzazione, ma nel corso di questi ultimi decenni abbiamo trascurato l’assistenza territoriale. Per questo motivo il PNRR, attraverso il DM 71, destina ingenti risorse sul fronte degli investimenti. Investimenti che riguarderanno le case della comunità, gli ospedali di comunità, le centrali operative territoriali, e così via. Purtroppo, dobbiamo dire che, a fronte di questa ingente entità di risorse dal lato degli investimenti, le risorse che sono state destinate alla spesa corrente, ovvero il finanziamento del fondo sanitario nazionale, che pure ha subito un importante incremento a seguito della pandemia, creano al mio avviso qualche elemento di difficoltà che potrebbe manifestarsi una volta che queste strutture vengono realizzate a causa della possibile mancanza di professionisti. Quindi bisognerebbe porre attenzione verso questo problema. Il PNRR è un’opportunità straordinaria che però va attuata nei tempi e nelle scadenze previste dalle indicazioni europee. Soprattutto, però, dobbiamo capire se le politiche del governo italiano sono sufficienti per mantenere e alimentare il sistema con risorse aggiuntive. In particolare, attraverso l’assunzione di nuovi medici, infermieri e operatori sanitari che dovranno andare ad animare e gestire queste strutture».
«Il PNRR prevede importanti investimenti nel settore dell’Innovazione tecnologica e nella sanità digitale e questo può favorire notevolmente anche il percorso della formazione a distanza, che ormai è diventato lo strumento più importante e rilevante della formazione degli operatori sanitari. Credo però che sia fondamentale la volontà del decisore politico nazionale, e poi anche delle regioni che hanno la competenza in questa materia, nel riuscire a tradurre in occasioni e opportunità di innovazione tecnologica, finanziata dal PNRR, attraverso la capacità di risposte nell’ambito formativo. Ambito che necessita di ulteriore impegno, perché attività come la televisita, il teleconsulto o la teleassistenza necessitano comunque di un background formativo molto importante e noi non possiamo dare per scontato che tutti gli operatori sanitari siano sufficientemente preparati per gestire queste nuove opportunità».
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