Il Presidente della Commissione Sanità del Consiglio del Regionale del Lazio, Rodolfo Lena, spiega: «Dobbiamo dare gambe importanti al PNRR». E aggiunge: «C’è carenza di alcuni professionisti: al San Giovanni a un concorso per il Pronto soccorso si sono presentati solo 65 medici per 169 posti. Serve l’abolizione del numero chiuso»
«Senza personale sarà difficile far funzionare le Case di Comunità e la nuova organizzazione della medicina territoriale: c’è il rischio che questa riforma non riesca a camminare». Sono parole del presidente della commissione Sanità della Regione Lazio, Rodolfo Lena (Partito democratico), che colloca il problema ai vincoli alla spesa delle regioni in sanità: «Oggi il tetto di spesa per le regioni è fissato a quello del 2004 meno l’1,4 per cento, un collo di bottiglia che rischia di mettere a repentaglio la missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza». Nel Lazio arriveranno 600 milioni di euro dal PNRR. Ora stanno già arrivando i primi 60 milioni, il 10% del totale.
«É una situazione che non vive solo il Lazio – spiega Lena -. Dobbiamo dare delle gambe importanti al PNRR. Se il territorio non funziona la rete ospedaliera non riesce ad assolvere alle sue funzioni. Serve un territorio che dreni le esigenze quotidiane dei nostri cittadini».
Lena poi rivendica i risultati di questi dieci anni di governo Zingaretti e ricorda: «Nel 2013 i nostri Lea erano al di sotto della media del regioni italiane, oggi non più». Poi rilancia l’abolizione del numero chiuso: «Meglio il modello francese con verifica al secondo e terzo anno. Altrimenti è normale che ci si rivolge ai medici esteri».
«Sì, perché è una grande opportunità che noi vorremmo utilizzare al 100%. Ma le strutture che si vanno a creare hanno bisogno di persone che le fanno funzionare. Oggi il tema del personale sia sul piano economico che su quello della mancanza di vari professionisti non può che preoccupare perché così diventa difficile strutturare un sistema territoriale degno di questo nome».
«Noi partiamo da una idea generale che poi verrà realizzata in maniera specifica secondo quelle che sono le necessità di quel territorio. Il 70% dei comuni della nostra regione sono piccoli comuni che hanno delle necessità specifiche. Ovvio che al di là della struttura noi dobbiamo lavorare con i medici di medicina generale, dobbiamo creare una rete territoriale che risponda alle necessità dei nostri cittadini che è la presa in carico e affidarsi alla rete ospedaliera solo per l’emergenza e non per una normalità di trattamento che deve fare il territorio. È vero che c’è una base di partenza territoriale rispetto a un numero di abitanti ma questa verrà adeguata secondo quelle che sono le esigenze delle varie conformazioni territoriali e orografiche».
«Intanto continuare il lavoro che abbiamo fatto in questi dieci anni. Conti in ordine, avere un dialogo costante e continuo con tutti i professionisti della sanità e portare a termini tutti i progetti che abbiamo messo in cantiere. Penso al nuovo ospedale tiburtino, ospedale del Golfo, ecc. Insieme al PNRR, un investimento di oltre 600 milioni di euro per il Lazio. Ci sarà da lavorare molto, ci sarà da continuare a tenere i conti a posto, a lavorare per la stabilizzazione dei precari. Certe volte si dimentica, ma noi abbiamo stabilizzato tanti precari. Adesso stiamo stabilizzando i precari che noi abbiamo chiamato durante l’emergenza Covid. Appena arriveranno i 18 mesi per essere stabilizzati procederemo. Gli eroi del Covid, che io non ho mai definito tali perchè hanno sempre fatto il loro dovere».
«Noi stiamo continuando a fare assunzioni importanti sui nostri territori. Ad esempio, la graduatoria degli infermieri del S. Andrea era per 400 infermieri ma le assunzioni sono andate molto oltre. Poi parliamo di assistenza domiciliare integrata, anche lì ci sono figure professionali da assumere».
«Sì, inserendo delle verifiche al secondo o terzo anno. Altrimenti è normale che ci si rivolge a professioni esteri come accaduto in Calabria. Tante le problematiche che dovrà affrontare il governo, a partire dai medici del Pronto soccorso. Abbiamo fatto un bando all’ospedale San Giovanni per 169 posti, si sono presentati in 65. Può una persona entrare in Pronto soccorso a 32 anni e uscirne a 70? È un lavoro molto usurante, sono professionisti che spesso non fanno intramoenia, i professionisti più bravi perché nei primi 15 minuti decidono chi deve farsi carico di quel paziente. Alcune tematiche sono regionali e mi auguro che chi ci sarà continuerà con un occhio attento ai conti: assumere 320 persone in tutto il Lazio in un anno, come avvenuto in passato, non ci dà la possibilità di programmare nulla. I conti sono fondamentali come i Livelli essenziali di assistenza sono fondamentali per il rapporto con i cittadini».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato