Intervista al presidente della commissione d’albo nazionale, intervenuto al secondo congresso nazionale della Federazione Nazionale dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione
Il secondo congresso nazionale della Federazione Nazionale dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione, che si è tenuto dal 19 al 21 novembre a Rimini, è stata un’occasione per far parlare, finalmente dal vivo e non più a distanza, tutte le 19 professioni sanitarie che la compongono. Tra queste c’erano anche gli educatori professionali. Cosa ha significato per loro quest’incontro ce lo spiega Renato Riposati, presidente della commissione d’albo nazionale
«Sono state giornate molto interessanti. Finalmente torniamo a vederci dopo due anni di pandemia. Un momento molto importante perché le relazioni possono essere certamente supportate anche da tutta la strumentazione tecnologica che abbiamo a disposizione e rimanere a distanza ma il contatto de visu rimane fondamentale anche per quanto riguarda il nutrimento delle relazioni che all’interno di questa grande casa ci vedono presenti».
«Sicuramente tutti i temi che sono all’ordine del giorno riguardanti la ripresa, in particolare il PNRR, e per i quali vengono chiamate in causa tutte le professioni sanitarie per la costruzione e co-costruzione di un nuovo servizio sanitario nazionale ma anche dei servizi sociosanitari, che generalmente vengono declinati regionalmente. Quindi il concetto che han assunto particolare rilevanza è la multiprofessionalità all’interno dei luoghi di cura. In particolare, case della comunità e ospedali di comunità».
«Per quanto riguarda la professione degli educatori, ovvero professioni che nascono nel territorio, con il territorio e sul territorio, questa dimensione specifica dei colleghi va ad assumere ancora maggiore rilevanza perché sono in un qualche modo anche “sensori” che i servizi hanno all’interno dei luoghi e che possono contribuire, in quanto appunto sentinelle, a rilevare all’interno dei territori e in termini di co-programmazione co-costruzione, percorsi di cura e bisogni che con gli apparati tradizionali non vengono invece rilevati e segnalati».
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