Il presidente del sindacato: «Parliamo delle attuali drammatiche condizioni di lavoro e diamo un riconoscimento ai sacrifici di chi lavora oggi. Il futuro si costruisce affrontando il presente»
«Non parliamo del domani quando la situazione è tragica già oggi». Così Guido Quici, presidente del sindacato CIMO, vuole richiamare l’attenzione di tutti al presente, proprio nel momento in cui si parla di quello che accadrà nel futuro della sanità. «Abbiamo numeri inquietanti sui medici che mancheranno nei prossimi anni, ma nessuno si occupa dei problemi dei medici che lavorano oggi».
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Quici parla di «medici in trincea» per descrivere le condizioni di lavoro nella sanità pubblica. Professionisti «abbandonati a difendere una prima linea senza rifornimenti o rinforzi». Truppe «dimenticate dalla politica, che le ha sacrificate sul fronte della sanità pubblica dal quale è già stata decisa la ritirata». Soldati in camice bianco «destinati a morire e ad uscire di scena andando in pensione o rifugiandosi nel privato».
«Il futuro – prosegue il presidente CIMO – si costruisce affrontando il presente, altrimenti non andremo da nessuna parte. Quindi, per cortesia, evitiamo queste campagne di distrazione di massa e parliamo dei medici che oggi, a oltre 60 anni, devono fare le guardie; dei medici aggrediti; di chi ha visto precludersi ogni prospettiva di carriera per volontà della politica o per carenza di risorse; dei giovani che credevano di mettere a frutto i propri lunghi studi in un percorso professionale altamente qualificato nelle strutture pubbliche ma che ogni giorno si devono confrontare con una “medicina amministrata” fatta di troppa burocrazia e carenze organizzative. Parliamo dei turni pesanti per mancanza di sostituzioni, dei milioni di ore di ferie non godute, delle decine di milioni di ore di lavoro in eccesso non pagate, ed ora anche delle campagne denigratorie che riversano sulla categoria medica il problema delle liste di attesa».
«Sono queste le battaglie da combattere in questo momento – continua Quici riprendendo la metafora bellica -, e noi probabilmente siamo l’ultimo baluardo rimasto, che sta per cedere. E questo è del tutto inammissibile».
Una situazione a cui si aggiunge il mancato rinnovo, dopo oltre 10 anni, del contratto dei medici, «la cartina al tornasole di tutto questo – spiega Quici – perché la parte normativa che ci è stata proposta tende a peggiorare ulteriormente le condizioni di chi già lavora al massacro nel Servizio sanitario nazionale».
«Parliamo delle difficoltà di oggi e delle attuali condizioni di lavoro, che sono la vera emergenza sanitaria. Oppure – conclude – diteci che dobbiamo andare al macello, ma almeno riconosceteci come eroi».
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