De Rango (Cimop): «Pronti a mobilitazione». Al presidio in piazza Monte Citorio della Confederazione italiana medici ospedalità privata hanno partecipato anche alcune delegazioni parlamentari. Anelli (FNOMCeO): «Siamo al loro fianco, mortificare le giuste istanze dei medici non fa bene a questo paese». Il 31 gennaio il ministro Speranza incontra il sindacato
Indignati, delusi, arrabbiati. E invisibili. Così si sentono i medici della sanità privata che oggi sono scesi in piazza a Monte Citorio nel giorno dello sciopero nazionale proclamato dal sindacato di categoria, la Cimop (Confederazione italiana medici ospedalità privata). I camici bianchi del settore privato hanno incrociato le braccia per protestare contro il mancato rinnovo del contratto: la parte normativa non è rinnovata dal 2005, l’adeguamento economico dal 2009. A dicembre sembrava fatta per la firma, ma all’ultimo momento le associazioni dei datori di lavoro Aiop e Aris si sono tirate indietro. L’adesione allo sciopero, che secondo i dati della Cimop arriverebbe al 95%, conferma quanto il problema sia sentito dai medici del settore.
«Le nostre associazioni datoriali credono di poterci trattare come figurine» sottolinea il segretario nazionale Cimop Carmela De Rango. «Non siamo stati minimamente coinvolti – continua De Rango -. Per la questione contrattuale le associazioni datoriali hanno riferito che la politica non era interessata, che non c’erano soldi per noi. Poi la politica ha detto che non è vero, che i soldi non sono stati chiesti. Noi non esistiamo, ci siamo ma non ci siamo. Siamo invisibili».
Il ministro della Salute Roberto Speranza, che si è detto vicino ai medici in sciopero, ha convocato Cimop per il 31 gennaio nel tentativo di sbloccare una trattativa che ormai va avanti da anni. Sono oltre 14mila i camici bianchi che operano nel settore privato.
«Se non si dovesse sbloccare la trattiva purtroppo inizia la stagione della mobilitazione» conclude De Rango. Al presidio hanno preso parte anche il presidente FNOMCeO Filippo Anelli, l’ex ministro della Beatrice Lorenzin e il deputato di Italia Viva Luciano Nobili.
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«Continuo a pensare che mortificare le giuste istanze dei medici non faccia bene a questo Paese perché il disagio crea problemi sul lavoro e perché i medici oggi costituiscono l’ossatura di questa democrazia» sottolinea a Sanità Informazione Filippo Anelli. «Non v’è dubbio – aggiunge – che non avere un rinnovo contrattuale da 15 anni costituisca una gravissima lesione dei diritti costituzionalmente tutelati dei lavoratori. Ne parlerò con il Ministro perché attivi un meccanismo di facilitazione nei rapporti tra il privato, la parte datoriale e i sindacati di categoria».
«Quando un medico fa sciopero, cosa che avviene molto raramente, vuol dire che c’è proprio una situazione di grande sofferenza – afferma l’ex ministro della Salute e deputato Pd Beatrice Lorenzin -. I camici bianchi che lavorano nel settore privato sono 15 anni che non hanno un adeguamento contrattuale. C’è poi una grande diversità nel privato, ci sono grandi centri che sono eccellenze nel nostro Paese, che hanno un certo tipo di contrattualità e altre dove c’è una grande sofferenza di questi lavoratori che sono medici a tutti gli effetti dentro il Sistema sanitario nazionale».
«Il ruolo dei medici della sanità privata fondamentale, è un comparto che continua a crescere ed è importante che sia riconosciuto, tutelato e valorizzato il ruolo e la dignità del personale medico – afferma Luciano Nobili, deputato del partito guidato dall’ex premier Matteo Renzi -. Italia Viva proverà a fare la sua parte, la settimana prossima incontreremo una delegazione Cimop».
Ma sul tavolo delle cose che non vanno non c’è solo il mancato rinnovo del contratto. Tra le rivendicazioni dei medici presenti c’è anche il tema del riconoscimento dei titoli di carriera, che spesso non vengono riconosciuti nel pubblico, e le differenze tra Regioni: in alcune Regioni gli adeguamenti salariali stabiliti nel 2009 sono stati applicati in parte (come ad esempio in Sicilia) o per nulla, come nel Lazio, col risultato di vedere le retribuzioni inchiodate ai livelli del 2005.
«Non ci sentiamo medici di serie B per quel che riguarda la professione ma per quanto riguarda il rapporto con le istituzioni, il rapporto economico, perché il nostro contratto ha un gap del 50% – aggiunge Giuseppe Musolino, vice segretario Cimop per il Sud -. E poi c’è è il riconoscimento dei titoli di carriera. Noi abbiamo nel nostro comparto dei validissimi professionisti che fanno sanità di alta qualità che però dal punto di vista dei titoli di carriera non vengono riconosciuti. Se io che sono stato 30 anni in una struttura sanitaria facendo anche delle cose di qualità decidessi di fare un concorso nella sanità pubblica il mio valore è zero. La legislazione in questo non ci aiuta».
Al presidio ha portato il suo sostegno anche Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed: «Noi della dipendenza abbiamo atteso 10 anni per non avere assolutamente niente. È un contratto da buttare nel cestino e basta. Loro aspettano 15 anni e rischiano di non avere niente lo stesso. È un problema di professione medica. Lo Stato ci deve dire: volete i medici o non li volete? Li volete sostituire con altre professioni oppure no? Ditecelo prima e noi ci regoliamo di conseguenza. Questo è il motivo per il quale noi abbiamo creato l’Alleanza per la professione medica a cui aderisce la Cimo, la Fesmed, Anpo-Ascoti-Fials medici e la Cimop. Raggiungiamo circa 19mila medici tra pubblico e privato e di conseguenza cercheremo di unire le forze magari in una unica confederazione per cercare di difendere i medici a prescindere se lavorano nel pubblico o nel privato».
«Una cosa indegna. Siamo molto arrabbiati con le istituzioni. Questa cosa non può non interessare il ministro Speranza» sottolinea Michele Venturo, segretario Cimop Puglia. «Siamo invisibili – spiega – solo nella considerazione che gli imprenditori della sanità privata che preferiscono lavorare con dei medici che non siano dipendenti e che facciano un lavoro che io pensavo fosse scomparso che è il cosiddetto lavoro a cottimo. Prendono i medici, non gli sottopongono un contratto di lavoro di dipendenza pur lasciandogli fare il lavoro di dipendenti cioè con dei turni rigorosi, con responsabilità ben precise. Questi medici vengono chiamati libero professionisti ma in realtà sono dei dipendenti. Molto spesso vengono pagati per quello che portano alla struttura: portano i pazienti, i pazienti significano un bel gruzzolo di soldi per la struttura e in virtù di quello io posso chiedere qualcosa al datore. È un vero cottimo».