Dialogo con il Segretario FIMMG: «Non possiamo fermare la sanità e il Paese per le elezioni politiche. Su questo ho molto apprezzato le parole del ministro Lorenzin»
«Ci vediamo tra 12 mesi e i colleghi decideranno se confermare il mio mandato. È difficile rispondere alla domanda se per allora avremo firmato l’ACN, ma c’è una relativa competenza sui contenuti da cambiare e molto poco tempo a disposizione. Stiamo perciò lavorando ad un meccanismo di rinnovo in itinere con impegni in progress. L’idea di arrivare a dicembre o a marzo con un accordo tutto nuovo e completo sarebbe un miracolo… Lavoriamo anche per quello…».
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Realismo, visione e il coraggio di anticipare il cambiamento prima di esserne travolti. Silvestro Scotti, Segretario generale nazionale della Fimmg, il principale sindacato dei medici di famiglia, parla a margine del 74° Congresso di Chia, in Sardegna, tracciando un bilancio del suo primo anno di mandato e delineando le sfide dei prossimi mesi.
«È stato un anno pieno, un anno ‘distanziante’ da una crisi della FIMMG che rischiava di perdere il suo ruolo di referente. Il medico di famiglia già oggi è educato, forse per la solitudine e l’isolamento che vive, ad essere la risposta per il cittadino. Ma se questo non viene integrato con il resto del Servizio Sanitario Nazionale si rischia solo l’autoreferenzialità, lo schiacciarsi sotto il peso della burocrazia», spiega Scotti.
«C’è bisogno di contrastare la rarefazione dei medici di medicina generale sul territorio italiano e stare vicini al cittadino. Ma serve un presidio ‘relazionale’, non servono muri e strutture, serve l’umanità e la professionalità di chi conosce e vive con i suoi pazienti. Questa può essere la chiave di accesso ad una sanità nuova. Per chi vive nel paesino di montagna il medico di famiglia sarà la chiave d’accesso alla telemedicina, per chi sta nelle grandi città sarà la guida verso i percorsi di cura che sono più disorientanti» aggiunge.
L’INTERVENTO DEL SEGRETARIO SILVESTRO SCOTTI AL CONGRESSO NAZIONALE FIMMG
È da queste premesse che sorge la grande sfida della performance per i medici FIMMG. Un tentativo, si diceva, di anticipare il cambiamento. Un istinto riformista che fa pensare ad una frase pronunciata in altri tempi e in altri luoghi grosso modo in questi termini: «Le riforme, per essere efficaci, vanno fatte un attimo prima che i cittadini ne sentano il bisogno».
«Noi vogliamo trovare una nuova organizzazione per la medicina territoriale, ma l’errore in questi anni è l’aver pensato solo a trasporre in modo parcellizzato una organizzazione mutuata su quella dell’ospedale, come le ‘case della salute’, che possono andar bene ma solo in specifiche situazioni, non in modo generalizzato» dice il Segretario.
«Le risorse sono sempre troppo scarse e noi non vogliamo metterci nella posizione di dover aumentare la spesa per la medicina generale a discapito del fondo sanitario nazionale. Sarebbe un modo per deprimere la spesa a favore del cittadino. Ci metterebbe in uno scomodo conflitto di interesse. Ecco dove nasce la proposta di legare reddito e performance. Performance organizzative e assistenziali, e la possibilità di accettarne di più rischiose. Più io posso condividere con il personale di studio, assistenti sanitari e infermieri un progetto e un percorso in cui, però, elemento discriminante sia il medico il soggetto datoriale, e non la struttura, più sarò in grado di prendere iniziative a tutela del cittadino e della salute pubblica. E l’iniziativa è tipica del libero professionista più che del lavoratore subordinato».
Scotti è consapevole che la figura di medico di famiglia del futuro prossimo venturo, così delineata, è decisamente più avanti di quella che tutti noi, salvo rare eccezioni, incontriamo negli studi: «È chiaro che a quel punto la formazione deve essere di qualità. Faccio un esempio: una delle maggiori difficoltà che abbiamo è quella della gestione della cronicità oncologica. È normale che gli ‘ultrasopravviventi’ trasferiscano la loro fiducia sullo specialista che li ha salvati, ma poi si trovano ad essere seguiti dal medico di famiglia che viene anche limitato su questo settore dalla legislazione e dalla formazione. Perché non far partecipare il medico di famiglia dall’inizio come consulente dell’oncologo, per poi invertire i ruoli quando sarà lui a prendere in carico il paziente? Va tenuto presente che in caso di malato terminale chi sta vicino, dal punto di vista relazionale, al paziente è sempre e solo il medico di famiglia che in molti casi si ritrova solo».
«Il punto – aggiunge – è associare alla considerazione sociale generica una considerazione specifica e professionale fondata sulla formazione e sulle competenze sui temi. Forse così creerò un medico troppo potente, c’è qualcuno che ha paura?».
Prospettive sicuramente interessanti, ma al momento, la situazione è decisamente diversa: «Se siamo in un Paese dove si pensa di aggredire una figura così indifesa come un medico significa che c’è una deriva di comunicazione e di visione grave. Forse c’è, tra le altre cose, una nostra complicità nell’aver trasformato un professionista intellettuale in un tecnico» ammette con amarezza Scotti.
Il finale (nella video intervista integrale molti contenuti inediti) il Segretario lo dedica alla politica, al Movimento 5 Stelle, al Governo e ai rapporti con il Ministro della Salute Lorenzin, anche lei presente al Congresso: «Sono tante le nostre aspettative: sul ricambio generazionale voglio vedere dei fatti oltre che delle parole. Ma se devo trovare l’aspetto che più mi ha fatto trovare d’accordo con il Ministro è quello di slegare il rinnovo dell’ACN alla scadenza elettorale. Non è possibile stare in un Paese dove tutti pensano che quando ci sono le elezioni si ferma tutto. In questi anni, è vero, si è operato tanto e in molti casi bene sul piano legislativo. Da ultimo, ad esempio, con la legge Gelli. Ma attenzione a non voler applicare al medico di famiglia modelli di risk management pensati per gli ospedali. E, ricordiamolo, che per il medico di famiglia questo è un costo e va considerato…».
Scotti conclude da dove aveva cominciato la chiacchierata, ma si lascia andare ad una riflessione sulle emozioni, elemento imprescindibile e condizione non sufficiente per chi vuole vivere appieno. «Io mi emoziono a fare questo lavoro e spero di trasmettere ciò anche ai colleghi. Ma so benissimo che poi ci si aspettano da me dei risultati. Spero tra 12 mesi di averli portati, sennò farò altro e andrò ad emozionarmi con il Napoli…».
LEGGI L’INTERVISTA AL VICESEGRETARIO FIMMG FILIPPO ANELLI
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