Zucchelli (Consiglio di Stato): «Serve una procedura filtro all’azione penale». Anelli (FNOMCeO): «Soluzione del governo è minimale»
Lo scudo penale introdotto dal Governo draghi con il Decreto Legge 44 del primo aprile non convince i professionisti sanitari. Ma, cosa preoccupante, non trova consensi nemmeno nel mondo giurisprudenziale. È quanto è emerso nel convegno organizzato da Fratelli d’Italia “Riapri Italia: la sfida è oggi!” a Palazzo Giustiniani a cui hanno partecipato tra gli altri Pierpaolo Sileri e Andrea Costa, sottosegretari alla Salute, il Presidente della FNOMCeO Filippo Anelli, Segretario generale FIMMG, Silvestro Scotti, il Presidente ANVUR, Antonio Uricchio, la Responsabile dipartimento professioni di Fratelli d’Italia, Marta Schifone, la Presidente FNOPI, Barbara Mangiacavalli, il Presidente Federfarma, Marco Cossolo, e Francesco Lollobrigida, Presidente Gruppo Fratelli d’Italia alla Camera.
Il primo a criticare l’impianto normativo del decreto è stato Daniele Piva, Professore Aggregato di Diritto Penale del lavoro dell’Università di Roma Tre.
«L’obiettivo del Decreto è quello di rassicurare il personale abilitato alla vaccinazione. Ma la norma, seppur condivisibile, a livello tecnico-giuridico non produce effetti. L’atto di vaccinare non è terapeutico-complesso. Se l’operatore rispetta le circolari del Ministero della Salute non risponderebbe anche senza la norma. Forse l’unico effetto è che potrà servire a scrivere meno notizie di reato».
Secondo Piva l’altro problema è che la norma è temporanea, vale solo nell’esecuzione del piano vaccinale. «Ma stabilire se un fatto è causato dal vaccino è complicato – continua Piva -. Io limiterei la responsabilità penale del medico per omicidio e lesione solo nell’ipotesi di colpa grave da qualificare attraverso indici di gravità. Già la Cassazione in passato ha tipizzato le ipotesi di colpa grave del medico. Toglierei, inoltre, il limite del riferimento a una situazione emergenziale».
Anche Claudio Zucchelli, Presidente onorario aggiunto del Consiglio di Stato, non è stato indulgente con il provvedimento. «In base alla norma la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni del provvedimento di emissione in commercio (il bugiardino) e alle circolari sul sito istituzionale del Ministero della Salute. Non contano imperizia, negligenza e imprudenza, conta aver rispettato le norme, Ma vista anche l’ultima circolare sul vaccino AstraZeneca in cui si parla di ‘raccomandazione’, il giudice come si regolerà?».
Zucchelli, dunque, propone una strada diversa per risolvere il problema della responsabilità alla radice: «Apprezzo questo tentativo del legislatore di cercare di mettere una pezza a una situazione confusa ma non ci riuscirà per questa strada. Qualunque norma penale che preveda delle eccezioni, ha il margine di interpretazione del giudice penale. La soluzione deve essere trovata sul piano processuale cambiando il Codice di procedura penale con una procedura filtro all’azione penale che può essere affidata a un collegio di tecnici, agli Ordini, a qualunque organismo che dichiari l’ammissibilità di continuare l’azione penale».
Sul tema sono intervenuti anche Pierpaolo Sileri e Filippo Anelli. Per il sottosegretario alla Salute bisogna pensare a qualcosa che «risolva definitivamente il problema» e propone, così come l’altro sottosegretario Andrea Costa, in fase di conversione del decreto, di estendere lo scudo a tutto il percorso Covid.
Il Presidente FNOMCeO Filippo Anelli, ha parlato di “soluzione minimale” e anche lui ha sottolineato che la soluzione va trovata al di là dell’emergenza: «È ingiusto non considerare le gravissime carenze che ci sono state, anche di carattere organizzativo, che hanno costretto i medici a fare salti mortali per consentire una adeguata assistenza. Abbiamo visto i chirurghi fare gli infettivologi, i medici di famiglia senza strumenti per fare le visite domiciliari».
Anelli ha poi dedicato parte del suo intervento al problema dell’imbuto formativo che ancora dopo anni non trova soluzione: «Si è formato perché si laureavano 9mila medici all’anno e le borse disponibili per la medicina generale e la specialità erano inferiori, 6mila specializzazioni e mille di medicina generale. Così col tempo una serie di colleghi non ha potuto terminare il percorso formativo. La formazione è qualità. Senza formazione il Servizio sanitario nazionale non avrebbe risultati che oggi abbiamo. La soluzione non può essere mandare i nostri ragazzi all’estero. Sprecare le risorse non è una buona politica. Spendiamo circa 150mila euro a studente, si sprecano risorse in termini di capacità professionali. C’è la necessità urgente di dare una risposta. Ad una laurea deve corrispondere la possibilità di terminare il percorso formativo post laurea.
Anche Silvestro Scotti, Segretario FIMMG, non è soddisfatto dello scudo penale: «Ci sono tre paesi al mondo che definiscono aggredibile penalmente un professionista sanitario: uno dei tre è l’Italia. Fatta così la norma serve più per le altre figure professionali che per i medici». Poi sull’imbuto formativo lancia l’allarme: «Se continua così tra qualche anno tanti cittadini italiani non avranno più il medico di famiglia».
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