A più di due mesi dall’entrata in vigore dell’obbligo vaccinale per i professionisti della sanità, Regioni e Asl procedono a rilento nel comunicare i sanitari inadempienti
Dal primo aprile è in vigore la norma contenuta nel Decreto Legge 44 del 2021 che impone l’obbligo del vaccino Covid-19 per i professionisti della sanità, sia che operino nel pubblico che nel privato. E si avvicina il momento della verità: a breve si dovrebbe sapere quanti sono i medici e gli operatori sanitari che hanno evitato l’appuntamento vaccinale. Le Asl stanno per consegnare (e in alcuni casi già lo hanno fatto) agli Ordini professionali gli elenchi con i sanitari non vaccinati. E che ora rischiano di essere sospesi e di restare senza stipendio fino al 31 dicembre 2021. Resta però l’ombra dei ricorsi al Tar da parte di chi verrà sospeso.
L’unica eccezione prevista rispetto all’obbligo di vaccinazione riguarda il caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate: in tal caso la vaccinazione non è obbligatoria e può essere omessa o differita. In caso di mancata vaccinazione, l’Azienda sanitaria disporrà “la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”. Ma saranno gli Ordini a formalizzare la sospensione.
Sui numeri c’è ancora molta incertezza: nei giorni scorsi ad esempio si era parlato di 20mila sanitari ancora non vaccinati in Piemonte, ma ancora non è arrivata la lista definitiva. Se i numeri fossero elevati, si rischiano problemi nella copertura delle turnazioni nelle Asl e negli ospedali.
A Ragusa intanto pochi giorni fa la Asl ha sospeso 30 suoi dipendenti, tra medici e infermieri. Il 20 maggio 18 addetti di una Rsa della provincia di Verona sono stati allontanati dalla direzione. Tra i primi a muoversi l’Asl di Brindisi, che nei giorni scorsi si è dovuta confrontare con il caso di cinque infermieri che hanno manifestato la volontà di non sottoporsi al vaccino adducendo motivazioni di salute. I cinque infermieri (quattro iscritti all’Opi di Brindisi e uno a quello di Lecce) ora rischiano la sospensione.
«A breve decideremo il da farsi anche se probabilmente saremo costretti a sospendere momentaneamente i colleghi. Il procedimento già c’è stato all’Asl – racconta a Sanità Informazione Antonio Legrottaglie, Presidente dell’Ordine degli Infermieri diBrindisi e membro del Consiglio Nazionale FNOPI -. Se l’Asl ha ritenuto di sospenderli è perché probabilmente non riusciva a collocarli in altre mansioni. Non so se è stata già fatta una diffida, a noi è arrivato l’atto finale del procedimento. Probabilmente erano stati già diffidati e avevano presentato una documentazione non ritenuta idonea dal Direttore generale».
Il caso di Brindisi potrebbe fare scuola. Tuttavia, ricorda Legrottaglie, la sospensiva può cessare in qualsiasi momento, purché il sanitario si decida a vaccinarsi: «Il Direttore generale dell’Asl ha provato a convincerli, ma di fronte all’ostinazione a non volersi vaccinare è stato costretto ad applicare la legge. Ora il rischio è quello che si creino vuoti d’organico, che aggraverebbero la carenza di infermieri».
In Sicilia la situazione al momento non desta particolare allarme, ma ad ogni modo, sebbene si tratti di pochi casi isolati, provvedimenti seppur momentanei sono stati adottati. «Di segnalazioni ne abbiamo avute molto poche – dichiara il presidente dell’Ordine dei Medici palermitano Toti Amato -. La stragrande maggioranza dei nostri medici, volente o nolente, è stata vaccinata. Ad oggi abbiamo ricevuto una segnalazione solo dalla Asp di Ragusa per quanto riguarda un solo medico, nei confronti del quale è stata momentaneamente disposta la sospensione (dalla Asp, non dall’Ordine)».
«Come Ordini – continua – non abbiamo ancora strumenti per procedere in maniera sicura, ma è chiaro che valuteremo caso per caso qualora dovessero presentarsene di ulteriori. Ad oggi la nostra opera è stata quella di dialogare con i colleghi e di convincere i (pochissimi) restii a vaccinarsi, facendo leva non solo sui benefici ma sulla necessità etica di sottoporsi a vaccino per chi, come noi, è a stretto contatto coi pazienti. Credo nel potere del dialogo e della persuasione – conclude Amato – piuttosto che in quello di strumenti coercitivi predisposti a priori».
Al momento, dunque, a parte qualche caso sporadico, praticamente nessuna delle Regioni italiane ha concluso l’iter preliminare indicato dal decreto. La gran parte delle Regioni sta ancora incrociando gli elenchi inviati dagli Ordini e dai datori di lavoro con quelli dei vaccinati.
«A Roma la situazione è complessa perché abbiamo ben 46mila iscritti – racconta a Sanità Informazione Antonio Magi, Presidente dell’Ordine dei Medici -. Al momento la regione non ha ancora comunicato nulla rispetto ai colleghi che non hanno ottemperato all’obbligo vaccinale. I colleghi però ci fanno domande: ad esempio, cosa deve fare chi ha fatto la prima dose e ha avuto una reazione allergica? E quelli che hanno avuto il Covid e sono stati bloccati in attesa che gli anticorpi scendessero? Sui numeri grossi i problemi si moltiplicano. Comunque la maggioranza dei medici ha adempiuto».
Magi però sottolinea che nei confronti dei medici inadempienti non scatta un procedimento disciplinare ma amministrativo: «Le Asl comunicano alla regione chi si è vaccinato o no tramite l’anagrafe vaccinale e comunicano all’Ordine i nominativi. Ma non si attiva la commissione disciplina. L’Ordine deve ottemperare a un dispositivo di legge che prevede la sospensione come atto amministrativo e non disciplinare dettato dalla legge. Credo comunque che bisognerà capire perché non si sono vaccinati. Ho già una cinquantina di lettere di colleghi che per i più svariati motivi non si sono potuti vaccinare».
Tutto sotto controllo a Napoli, dove l’Ordine dei Medici segnala dati di adesione estremamente positivi e quindi, per ora, non si sente l’esigenza di adottare provvedimenti. «La piattaforma messa a disposizione dal nostro Ordine ha avuto da subito un fortissimo successo – afferma il presidente dell’OMCeO partenopeo Bruno Zuccarelli -. Si sono registrati sin da subito anche medici non più in attività. Abbiamo già inviato i dati in nostro possesso relativi a coloro che non risultavano ancora in piattaforma, e aspettiamo riscontro dalle Asl per incrociare questi dati, ma ad oggi dalle stesse Asl non ci è stato segnalato nessun medico che non abbia ottemperato all’obbligo vaccinale. Viceversa, ci vengono segnalati medici non più in attività, in alcuni casi non deambulanti, che chiedono di vaccinarsi al domicilio. È chiaro quindi che ipotizzare provvedimenti o sanzioni laddove non ci sono segnalazioni di inadempienza appare prematuro. Fermo restando – conclude Zuccarelli – che qualora dovessimo avere notizie diverse interverremo nei modi che si riterranno opportuni».
Per Roberto Carlo Rossi, presidente OMCeO Milano, agli Ordini spetterebbe un ruolo morale più che giuridico. «Per noi può essere solo un risvolto deontologico e quindi disciplinare, ma deve essere affrontato, come principio, a livello nazionale, in modo da renderlo uguale per tutti gli ordini territoriali – spiega Rossi -. Per questo ritengo debba esprimersi il Consiglio nazionale, in modo da avere una linea d’indirizzo uniforme sia sul risvolto deontologico che disciplinare. Per quanto concerne invece la disposizione di legge mi trova d’accordo nel principio. I medici devono essere vaccinati per trattare i pazienti. Ancor più in questo caso, dal momento che siamo dinnanzi ad una malattia mortale, che implica una quarantena e lascia anche invalidità importanti. È evidente che l’essere protetto è indispensabile per evitare di diventare un vettore del virus. Sull’applicazione pratica, invece, ritengo che sia sfuggito il controllo agli Ordini che prendono solo atto dell’istruttoria fatta. Nel mio caso, ad oggi non ho avuto notifica di azioni intraprese da aziende sanitarie, anche se penso che prima o poi succederà».
Poco meno del 5% dei medici e operatori sanitari di Genova risultano non vaccinati. Una percentuale che il presidente OMCeO Genova Alessandro Bonsignore reputa del tutto trascurabile anche perché, spiega a Sanità Informazione, «in realtà solo una piccola minoranza risulta contraria al vaccino e non abbiamo avuto in tal senso segnalazioni formali di medici no-Vax. Nella maggior parte dei casi si tratta invece di colleghi che hanno già contratto il virus. Ciò premesso la procedura prevista dalla legge è chiara, da un punto di vista deontologico bisogna distinguere due casi: nel primo il medico non ritiene di vaccinare se stesso, ma non fa una campagna negativa sui vaccini; nel secondo il medico rifiuta il vaccino e lo sconsiglia ai cittadini. In quest’ultima ipotesi le conseguenze deontologiche saranno differenti. Da un punto di vista disciplinare i medici e gli odontoiatri hanno tempo fino al 31 dicembre per vaccinarsi, dopodiché chi non lo farà, verrà valutato dall’Ordine. Sarà fatta un’indagine istruttoria per capire i motivi che potrebbero rendere in qualche modo lecito il non essere vaccinato, dopodiché si procederà eventualmente con i procedimenti disciplinari. Differente il discorso delle aziende sanitarie che hanno facoltà fin da subito di allontanare dal contatto con i pazienti gli operatori che non sono vaccinati».
Protocolli rigidi e nessuna attenuante per chi non si sottopone al vaccino e lavora nelle RSA. I vertici di UNEBA, organizzazione di categoria del settore sociosanitario, assistenziale ed educativo con quasi 1000 enti associati in tutta Italia, non hanno dubbi: «Nelle RSA chi non è vaccinato, non può lavorare a contatto con gli ospiti – sottolinea il presidente Franco Massi -. Per questo abbiamo cercato in tutti i modi di far inserire nella legge anche gli operatori che all’interno di strutture per anziani e disabili sono a contatto con gli ospiti. Non ci siamo riusciti. Ma non abbiamo cambiato le linee di indirizzo ed abbiamo consigliato ai nostri enti di far inserire dal medico competente nel protocollo, tra le varie verifiche di carattere sanitario, anche l’obbligatorietà della vaccinazione anti-Covid. E devo ammettere che nella maggior parte delle strutture è stato fatto».
«A quel punto – spiega Massi – chi non si vaccina non è idoneo a svolgere la mansione e quindi viene messo in ferie, in cassa integrazione o viene lasciato a casa senza stipendio, a meno che non si trovino, presso le varie strutture, mansioni differenti che non richiedano il contatto con le persone assistite, cosa peraltro molto difficile».
Una soluzione che ha impattato su un numero di operatori sanitari poco rilevante (meno del 5%). «Un numero del tutto gestibile – ammette Massi, evidenziando come inizialmente il problema si sia avvertito di più tra gli infermieri, «che però negli ultimi mesi – conclude – dopo un iniziale allontanamento, hanno risposto all’opera di persuasione collettiva messa in atto e hanno provveduto a farsi vaccinare».
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